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Bussi, intervento WWF al processo

Oggi intervento del WWF come parte civile nel processo sulle mega discariche di Bussi sul Tirino (PE) in Corte di Assise a Chieti “Da quando esiste l’uomo è reato avvelenare le acque; la verità di questo processo è…

Oggi intervento del WWF come parte civile nel processo sulle mega discariche di Bussi sul Tirino (PE) in Corte di Assise a Chieti “Da quando esiste l’uomo è reato avvelenare le acque; la verità di questo processo è semplice: per i soldi, la classe dirigente di uno dei gruppi industriali più importanti del nostro Paese, ha avvelenato l’acqua destinata al consumo alimentare di oltre 700.000 persone e noi siamo qui affinché si dia Giustizia al nostro territorio”, sono state queste le parole iniziali di Tommaso Navarra, avvocato del WWF Italia, nell’arringa finale delle parti civili nel processo di Bussi.
L’avvocato Navarra ha fornito una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 439 del codice penale  (avvelenamento delle acque), richiamando i principi costituzionali richiamati nell’art. 2 (sui diritti inviolabili dell’uomo sia come persona sia nelle formazioni sociali in cui si esplica la propria personalità”) e nell’art. 32 (diritto alla salute) della Costituzione Italiana e sottolineando il contributo decisivo dato dal WWF all’accertamento dei fatti attraverso la propria continua attività di denuncia e di analisi delle acque ben prima dell’intervento delle Pubbliche Autorità.

Luciano di Tizio, delegato regionale Abruzzo del WWF, e Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF Italia, commentano: “È stata proprio la nostra Associazione, nel 2007, a rendere per prima di dominio pubblico la notizia della presenza di contaminanti nell’acqua potabile e le nostre denunce hanno avuto un peso determinante nella vicenda. Ci sembra opportuno ricordare che il WWF organizzò e pagò le analisi che confermarono, dopo le prime inascoltate segnalazioni del prof. Fausto Croce, una situazione disastrosa già ben nota da alcuni anni a chi avrebbe dovuto vigilare, ma che veniva assurdamente tenuta nascosta ai cittadini, condannati a bere acque contaminate senza neppure saperlo. Per quelle pubbliche segnalazioni venimmo accusati di procurato allarme, anche con un esposto alla magistratura firmato da chi oggi è sotto inchiesta in un altro processo satellite. Il processo di Bussi, al di là di quelle che saranno le decisioni dei giudici, ha quantomeno ristabilito la verità dei fatti e questo, dopo anni di attesa, è già un importante passo in avanti anche se non ci stancheremo mai di ripetere che la vera e completa giustizia ci sarà solo con una bonifica che restituisca, a spese di chi ha inquinato, un territorio sano agli abruzzesi”.
L’avvocato Tommaso Navarra in conclusione del suo intervento, alzando un bicchiere d’acqua e ricordando le battaglie giudiziarie già vinte a tutela delle acque del Gran Sasso d’Italia, ha chiesto che per gli abruzzesi “possa tornare ad essere privo di qualsivoglia preoccupazione un gesto naturale e vitale quale quello del bere l’acqua del proprio territorio”.   Dalla prossima e per almeno sei udienze consecutive la parola passerà agli avvocati della difesa.
La sentenza è attesa entro la fine dell’anno.

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