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Sicurezza dei fiumi e luoghi comuni, un po’ di chiarezza

“Così come durante i mondiali di calcio ci sono milioni di commissari tecnici, e dopo la notte degli Oscar imperversano i critici cinematografici, stiamo scoprendo che un’alluvione produce un esercito di ingegneri idraulici. Nei bar, sulle bacheche di…

“Così come durante i mondiali di calcio ci sono milioni di commissari tecnici, e dopo la notte degli Oscar imperversano i critici cinematografici, stiamo scoprendo che un’alluvione produce un esercito di ingegneri idraulici. Nei bar, sulle bacheche di facebook o con lettere ai giornali, molti commentano la recente esondazione del Baganza, analizzando le cause e proponendo soluzioni. Dal momento che quelli che si sentono o si leggono sono spesso luoghi comuni, basati più sul sentito dire che su reali evidenze tecnico scientifiche, sembra opportuno fare un minimo di chiarezza, anche con l’aiuto di dati provenienti da fonti ufficiali. Partiamo dall’intervento che tutti riconosciamo come inevitabile e non più rinviabile, cioè la costruzione di casse di espansione. É giusto ricordare che tutti i fiumi sono storicamente dotati di spazi che ospitano le acque in caso di piena. Si tratta delle golene, delle quali anche il Baganza era dotato fin dalla notte dei tempi. Purtroppo però, una crescita disordinata e male pianificata della città ha invaso lo spazio vitale del torrente con condomini, capannoni ed insediamenti di vario tipo. Per dare un’idea delle gravità del fenomeno, il volume previsto per le future casse di espansione è meno della metà di quello delle golene divorate dall’urbanizzazione. Un altro provvedimento tra i più gettonati è l’asportazione di inerti e vegetazione dagli alvei, per lasciare spazio allo scorrere delle acque. Benchè i recenti danni siano stati provocati per lo più da cisterne e container, va detto che nessuno si oppone ad una maggiore pulizia dei nostri corsi d’acqua da legname e detriti. É un’attività regolamentata ma non vietata, come afferma erroneamente un luogo comune tra i più diffusi, se non in caso di ambienti di particolare valore naturalistico. Altra cosa sono l’abbattimento di alberi ed arbusti e l’abbassamento degli alvei tramite asportazione di sabbia e ghiaia. Si tratta di una strategia già ampiamente praticata in tempi recenti, al punto che i dati ci dicono che il letto del Baganza in città è sceso di un metro e mezzo dal 1972 al ‘99. Il fenomeno è diffuso a tutti i corsi d’acqua della provincia (ad eccezione del Taro nella zona del Parco, nella quale si sta vivendo un’esperienza rivoluzionaria: il rispetto delle leggi), dai quali la ghiaia viene cavata a ritmi insostenibili, spesso abusivamente. La canalizzazione dei corsi d’acqua si è comunque dimostrata controproducente: aumenta la velocità di scorrimento, rende più distruttive le piene e incrementa i fenomeni di erosione delle sponde e delle fondazioni dei ponti. Autorità di bacino, Provincia ed altri organismi tecnici hanno lanciato ripetuti allarmi sulla pericolosità di questo autentico saccheggio ai danni dei nostri fiumi, di cui paghiamo le conseguenze in questi giorni. Nessuno dei decisori ha però ritenuto di mettere un freno alla grande macchina del calcestruzzo, che ha nella ghiaia una preziosa materia prima. Anzi ancora oggi, mentre i cambiamenti climatici pongono nuovi interrogativi e nuove necessità, la nostra classe dirigente continua a promuovere l’impermeabilizzazione del suolo con nuove strade e nuovo cemento, facendo orecchie da mercante rispetto ai segnali inequivocabili che la Natura ci sta inviando”.

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