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Spiagge d’Italia

Le spiagge “svendute”, martoriate e trasformate in affari privati, rivelato dal nuovo dossier WWF “Spiagge d’Italia: bene comune, affari per pochi” Infatti, come rivela il dossier – un viaggio lungo le rive di 15 regioni costiere grazie all’aiuto…

Le spiagge “svendute”, martoriate e trasformate in affari privati, rivelato dal nuovo dossier WWF “Spiagge d’Italia: bene comune, affari per pochi”

Infatti, come rivela il dossier – un viaggio lungo le rive di 15 regioni costiere grazie all’aiuto dei volontari WWF – sui nostri litorali corre una ‘piovra’ di 12mila stabilimenti balneari (erano 5368 nel 2001), uno ogni 350 metri, per un totale di almeno 18.000.000 metri quadri e 900 km occupati – ovvero quasi un quarto della costa idonea alla balneazione (lo sono 4.000 km sugli 8.000 km di coste italiane). Un giro di affari che interessa 30.000 aziende e circa 600.000 operatori (indotto compreso), con canoni spesso irrisori rispetto ai reali profitti delle strutture attuali (un tempo valevano per l’affitto di sdraio e ombrelloni, ora per ‘cittadelle permanenti’ di servizi commerciali, piscine, negozi…), favorito da un’applicazione normativa sulle aree demaniali che ha travalicato lo spirito della legge.

Tutta la normativa delle concessioni, che si rifà al Codice della Navigazione, è infatti improntata sulla tutela degli interessi pubblici, mentre la sua applicazione ha favorito il proliferare di interessi privati che oggi rivendicano una rendita di posizione che va ben oltre le le intenzioni della norma. Qualcuno in Parlamento (e non solo) vorrebbe prolungare le concessioni fino a 50 anni, o sostituirle con un diritto di superficie di 90 anni sulle aree demaniali, e c’è addirittura chi propone di mettere in vendita le spiagge libere, alienandone ogni diritto e sacrificandone il loro intrinseco valore pubblico.

La situazione è molto difforme regione per regione, come risulta dalla mappatura presente nel dossier WWF, ma la maggior parte di esse non garantisce una percentuale minima di costa realmente fruibile e accessibile liberamente. Per questo l’evento alle Cesine vuole anche sottolineare come tra tutte la regione Puglia abbia saputo ben gestire e governare la tematica coste: per le analisi sviluppate, gli interventi, le concessioni demaniali e non ultima la trasparenza dei dati, facilmente accessibili online. Un’attenzione non comune, che ha riservato “ad uso pubblico e alla libera balneazione” non meno del 60% delle coste pugliesi fruibili, nonostante 1081 concessioni rilasciate per un totale di 3.442.040 metri quadri su circa 970 km di costa.

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