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Crisi della pesca, la parola ai pescatori

I pescatori citano le 4 piaghe del Mediterraneo La loro voce raccolta da WWF e ricercatori su un campione di 165 pescatori in tutto il Mediterraneo Lo stato della pesca nel Mediterraneo negli ultimi 10 anni è peggiorato…

I pescatori citano le 4 piaghe del Mediterraneo
La loro voce raccolta da WWF e ricercatori su un campione di 165 pescatori in tutto il Mediterraneo

Lo stato della pesca nel Mediterraneo negli ultimi 10 anni è peggiorato e per gli stock ittici del bacino 4 sono le minacce principali: cattiva gestione della pesca (percepita soprattutto in Adriatico), inquinamento (percepito soprattutto nel nord ovest del Mediterraneo e nello Stretto di Sicilia), pesca illegale e  pesca eccessiva (in tutte le aree) e per l’Adriatico viene chiamato in causa anche il cambiamento climatico.  
A dirlo sono i pescatori stessi intervistati dal WWF insieme agli enti di ricerca coinvolti in due progetti – *SAFENET (Sustainable Fisheries in Mediterranean EU waters through networks of MPAs) e *MANTIS (Marine protected Areas Network Towards Sustainable fisheries in the Central Mediterranean)-  finanziati dall’Unione Europea (DG MARE) proprio per trovare soluzioni  al problema della sovra-pesca basate su strumenti di gestione dello spazio marino.
I due progetti fanno parte delle azioni della Campagna WWF  #GenerAzioneMare  lanciata quest’anno allo scopo di creare comunità consapevoli dell’importanza del valore degli oceani e allo stesso tempo capaci di difenderli da chi continua a impoverirli.
Per gestire uno spazio marino sempre più densamente sfruttato anche dal turismo, dal traffico marittimo e dalla produzione di energia, con i quali la pesca compete, è infatti  fondamentale capire tra quali utenti del mare sorgono i principali conflitti e quali ne siano le cause.

La voce dei pescatori, su un campione di 165 intervistati, è stata raccolta in 11 aree: Catalogna, Golfo del Leone, Costa Azzurra, Corsica, Sardegna, Toscana, Adriatico settentrionale (Italia e Croazia) e Stretto di Sicilia (Sicilia e Malta). I dati verranno ulteriormente analizzati dai ricercatori e integrati alle conoscenze scientifiche disponibili al fine di individuare scenari di gestione della pesca che soddisfino gli obiettivi di pesca sostenibile e buono stato ambientale previsti dalle direttive europee (la nuova Politica Comune della Pesca e la Direttiva Quadro sulla Strategia Marina) garantendo al contempo un buono stato di salute del settore.

La maggioranza dei pescatori intervistati nel Mediterraneo Nord Occidentale e nello Stretto di Sicilia (≥50% in entrambe le aree) lamenta controversie con la pesca sportiva: questo è un settore in forte crescita negli ultimi anni che compete sempre più per l’utilizzo dello spazio marino e lo sfruttamento delle risorse con la pesca professionale, già in declino.  Quasi due terzi dei pescatori intervistati lamentano problemi di competizione per lo spazio marino con il turismo subacqueo, soprattutto in Stretto di Sicilia e Adriatico (le due attività , infatti, insistono spesso nelle stesse aree ad alta concentrazione di specie ittiche) , mentre il turismo da diporto è fonte di malcontento in Mediterraneo Nord-Occidentale, a volte anche per la ridotta conoscenza e/o rispetto della segnaletica marina da parte delle imbarcazioni turistiche e i conseguenti danni alle reti da pesca. Infine anche i rapporti tra pesca artigianale e pesca a strascico sono spesso conflittuali per la competizione per le stesse risorse, in particolare in Adriatico e Stretto di Sicilia.
Un dato interessante emerge sulle aree marine protette e le forme di gestione su base spaziale del mare: i pescatori intervistati nelle diverse aree del Mediterraneo concordano sulla loro utilità per la protezione della biodiversità e delle popolazioni ittiche in particolare, ma ritengono anche che le aree marine protette siano poco efficaci per  ridurre o moderare i conflitti tra i diversi utenti del mare, o per ridurre la pesca illegale, soprattutto per la carenza di sorveglianza e controllo adeguati all’interno delle stesse (più del 50% nel Mediterraneo Nord-Occidentale e circa il 30% in Adriatico e Stretto di Sicilia hanno espresso questa opinione). Paradossalmente, spesso le aree protette sono considerate dai pescatori professionali come un’attrattiva che richiama pescatori ricreativi, turismo e pesca illegale.

I pescatori hanno anche idee molto chiare per quanto riguarda la gestione dell’attività. Oltre il 30% concorda sugli obiettivi più importanti, e li considera imprescindibili l’uno dall’altro: garantire il reddito dei pescatori e proteggere gli stock ittici. Alla richiesta di suggerimenti di gestione, 2 priorità sono emerse in tutte le aree : prima di introdurre nuove norme, andrebbero innanzitutto applicate quelle già esistenti in modo adeguato (oltre il 20% degli intervistati in Mediterraneo Nord-Occidentale e circa il 20% in Adriatico e Stretto di Sicilia),e andrebbero adottate chiusure temporanee della pesca in base ai cicli vitali dei pesci (più del 50 % degli intervistati in Adriatico e oltre il 20% nel Stretto di Sicilia e Mediterraneo Nord-Occidentale). Altre misure ripetutamente suggerite sono la riduzione e il controllo dello sforzo di pesca ricreativa, il controllo e l’eliminazione della pesca illegale e azioni sul mercato del pesce (promozione di specie sotto-utilizzate, controllo dei prezzi).

Coinvolgimento nei processi decisionali – Ma quanto sono coinvolti i pescatori nei processi decisionali della pesca? La percentuale varia da un’area all’altra: se oltre l’80 % degli intervistati nel Mediterraneo Nord-Occidentale e oltre il 50% nello Stretto di Sicilia ritengono fondamentale che la propria categoria possa partecipare attivamente, soprattutto nel nord-ovest il 57% degli intervistati dichiara di essere già stato coinvolto attivamente in qualche processo decisionale, mentre nello Stretto di Sicilia oltre il 60% dichiara di non essere mai stato coinvolto in alcuna attività di questo tipo. A tal proposito è emerso che laddove le organizzazioni tradizionali dei pescatori (come le cofradías spagnole) hanno maggiori capacità di avviare iniziative di co-gestione, le misure gestionali quali chiusure spaziali e temporali della pesca sono generalmente ben accette e rispettate dai pescatori. Al contrario, quando queste organizzazioni mancano o hanno scarsa presa sui pescatori, persistono le opinioni più individualiste ed il rispetto delle misure gestionali risulta più difficoltoso.

Pesca illegale – La pesca illegale e la necessità di maggiori controlli e repressione di questo fenomeno è considerata prioritaria  non solo da  ricercatori e gestori di aree protette, ma anche dai pescatori stessi: oltre ad essere un’importante minaccia per lo stato degli stock ittici, la pesca illegale compete con i pescatori professionisti in regola vendendo in nero nei ristoranti e nei mercati locali pesce catturato illegalmente

Overfishing – Con il 10% di tutte le specie marine conosciute nel mondo ospitate in meno dell’1% della superficie totale degli oceani – il Mediterraneo è un tesoro di biodiversità e contribuisce in modo essenziale alla salvaguardia della sicurezza alimentare e del benessere delle popolazioni locali. In questa regione  la pesca riveste grande importanza socioeconomica, dando  lavoro a centinaia di migliaia di persone. Eppure, se si prendono in esame le risorse ittiche monitorate,  il prelievo di pesce è ampiamente superiore ai  livelli di sostenibilità della pesca: secondo le stime dell’Unione Europea, oltre il 93 % delle specie oggetto di valutazione nel Mediterraneo sono infatti soggette a uno sfruttamento eccessivo. Oltre che da un eccessivo sforzo di pesca, questa situazione è causata anche da modelli di sfruttamento inadeguati con elevata mortalità di giovanili e alta produzione di scarti dovuti alla cattura di specie che non interessano né ai consumatori  né di conseguenza al mercato .

Soluzioni – Nella pesca multi-specifica del Mediterraneo, è fondamentale migliorare la selettività degli attrezzi da pesca, ed al tempo stesso è necessario salvaguardare quelle aree e quei periodi sensibili per la nascita, crescita e riproduzione delle specie ittiche. Questi gli obbiettivi della Politica Comune della Pesca, nell’ottica di un approccio ecosistemico alla gestione della pesca. Gestione che, per essere efficace, non può prescindere dal coinvolgimento dei pescatori di tutto il Mediterraneo: è fondamentale infatti un approccio che coinvolga tutti i paesi del bacino e che sia inclusivo di tutti i portatori di interesse. Pescatori, governi, enti di ricerca e società civile devono lavorare insieme e costruire una visione che riconcili la dimensione socio-economica con la salvaguardia delle risorse marine.

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