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Il WWF libera 50 piccoli uccelli nell’Oasi in citta’ di Sant’Agnello

E’ di questi giorni la notizia di un fiorente traffico di uccelli protetti dall’estero verso l’Italia e del macabro sequestro di 1.100 esemplari morti rinvenuti alla dogana italiana nelle valigie di otto cacciatori bresciani in rientro da un…

E’ di questi giorni la notizia di un fiorente traffico di uccelli protetti dall’estero verso l’Italia e del macabro sequestro di 1.100 esemplari morti rinvenuti alla dogana italiana nelle valigie di otto cacciatori bresciani in rientro da un “tour venatorio” in Romania.
Che il commercio della avifauna protetta per alimentare il lucroso business della “polenta e osei” nel nord Italia fosse tutt’altro che “estinto” è cosa risaputa, ma non tutti sanno che analogo lucroso giro d’affari ruota, da sempre, attorno all’avifauna in Campania e nella provincia di Napoli.

La scoperta del nucleo carabinieri-forestali, intervenuto prontamente su segnalazione, di un vero e proprio mercatino alla fiera di Rovigliano che, alla luce del sole, vendeva specie di uccelli e fauna protetta, ci dà il senso della diffusione e dell’impunità del fenomeno. Gli animali esposti per la vendita erano detenuti in anguste gabbiette incompatibili con la loro natura, senza possibilità di muoversi ed in condizioni igienico sanitarie precarie, letteralmente sommersi dal troppo mangime.

Stavolta fortunatamente i 50 esemplari tra cardellini e verzellini (specie protette) sottoposti a sequestro, hanno ritrovato la loro libertà. La liberazione è avvenuta nell’area dell’Oasi in città in presenza dei Carabinieri-Forestali, dei volontari del WWF, del Sindaco di Sant’Agnello, dell’Assessore alla Cultura, degli alunni della Scuola Gigliola Fiodo, di fotografi e semplici cittadini.
 
“Il fenomeno dell’uccellagione è duro a morire – racconta Claudio d’Esposito presidente del WWF Terre del Tirreno ai tanti bambini intervenuti nell’Oasi in città di Sant’Agnello – gli uccelli sottratti ai bracconieri dai forestali sono solo la punta di un iceberg … quotidianamente ne vengono catturati a decine, con gabbie trappola e reti, spesso vivi per alimentare le richieste di appassionati e collezionisti. Ma molti uccelli non ce la fanno a sopravvivere allo stress e all’agonia delle famigerati reti in nylon da posta utilizzate per la cattura. E quando il bracconiere arriva in ritardo a “tirar giù” le sue prede spesso trova solo uccellini morti dopo una lenta agonia nel tentativo di liberarsi. Ma per loro poco importa, c’è sempre il mercato parallelo di prede da cucinare o, nel caso di esemplari rari (rapaci notturni, rigogoli, gheppi, sparvieri, ecc.), da imbalsamare e rivendere sul mercato clandestino. Le reti da posta sono uno strumento anacronistico, crudele e non selettivo di cattura, vi può restare impigliata qualsiasi specie di uccello e proprio per questo sono vietate dalla legge. In quanto ai volatili sopravvissuti a tale cattura non andrà di certo meglio: ad attenderli ci sarà una vita in anguste gabbiette, per allietare con loro canto i propri carcerieri o per essere usati come richiamo per attirare in trappola altri uccelli”.

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