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COP 23 Bonn: accelerare sull’adattamento

Pubblichiamo l’articolo che potete leggere integralmente qui >> Centinaia e centinaia di side event in una Conferenza sul Clima che vede i cosiddetti “attori non statali” protagonisti. Ancora non ha aperto l’enorme padiglione di #WeAreStillIn, quasi 3.000 stati,…

Pubblichiamo l’articolo che potete leggere integralmente qui >>

Centinaia e centinaia di side event in una Conferenza sul Clima che vede i cosiddetti “attori non statali” protagonisti. Ancora non ha aperto l’enorme padiglione di #WeAreStillIn, quasi 3.000 stati, città, aziende università statunitensi che si considerano tuttora parte dell’Accordo di Parigi, ma nella cosiddetta Bonn Zone si elabora la strategia per gli anni a venire da diverse prospettive. Non manca nulla, ci sono persino le lezioni di yoga nel padiglione dell’India, dalle 5 del pomeriggio, per riprendersi dalla grande fatica, anche fisica, che ogni conferenza comporta: chilometri macinati per percorrere le distanze tra la Bula Zone (la zona riservata ai negoziati e a delegati e persone accreditate) e la Bonn Zone, aperta a un pubblico più ampio: almeno una ventina di minuti di cammino.       

Grande affollamento al padiglione del WWF #PandaHub, con un programma di incontri davvero ricchissimo, alcuni dei quali sono visibili in streaming e registrati su Facebook. L’intento è quello di far incontrare persone, organizzazioni e istituzioni diverse. Tra gli eventi più partecipati, quello che ha visto protagoniste le donne e la cura degli Oceani.  E a proposito di donne, c’è anche chi ha fatto le pulci alle liste dei partecipanti, scoprendo che in media, le delegazioni degli Stati alla COP di quest’anno sono per il 62 per cento uomini e per il 38 per cento donne. Il team UK è al 67 per cento femminile al 33 per cento maschile, mentre la delegazione statunitense è solo per il 38 per cento femminile. Tre paesi hanno inviato delegazioni tutte femminili alla COP23: Lettonia (cinque delegate), Albania (quattro) e Guyana (quattro). Al contrario, cinque paesi hanno inviato delegazioni interamente maschili: Libia (undici), Mauritius (quattro), Repubblica di Moldova (tre), Corea del Nord (tre) e Somalia (tre). 

Mentre i negoziati entrano nel vivo, e cominciano i gruppi informali (cioè chiusi alla stampa e alcune volte anche agli osservatori), escono report di notevole valore e interesse. Per esempio quello dell’Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite, sul GAP sull’Adattamento, che fa seguito a quello reso noto la scorsa settimana sul GAP sulle emissioni. Il GAP è la distanza dall’obiettivo. Sulle emissioni sappiamo che se anche venissero mantenuti i primi impegni di riduzione degli Stati saremmo sulla traiettoria dei 3 gradi centigradi, per questo dobbiamo tutti aumentare gli impegni, a cominciare dai paesi che hanno più contribuito al cambiamento climatico in atto, quelli di più antica industrializzazione. Del resto, secondo alcune proiezioni la Cina potrebbe raggiungere il proprio obiettivo dieci anni prima del previsto, ponendosi in una posizione di leadership ancora più marcata dai tentativi di controtendenza dell’Amministrazione Trump. Esiste anche una distanza sull’Adattamento, vale a dire la nostra capacita’ di far fronte al cambiamento climatico ormai in atto e inevitabile, posto che aumenti della temperatura superiori a 1,5-2 gradi, rendono l’adattamento economicamente e tecnicamente difficile, se non impossibile.       

Il Gap cui si riferisce l’UNEP parlando di adattamento, però, non è solo sulle strategie, i piani e gli interventi, ma anche sulla possibilita’ di comparare e valutare tali misure all’interno dell’accordo di Parigi e della Convenzione sul Clima. Al momento non ci sono metodi condivisi, ma questi possono essere trovati rispettando la prospettiva nazionale e spesso locale degli interventi. Tra i metri di valutazione sicuramente ci dovrebbero essere gli SDGs, cioè gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sino al 2030, il cui spirito è proprio quello di favorire azioni sinergiche che diano risposte tenendo conto degli aspetti ambientali, sociali ed economici in modo integrato. Mentre non si è ancora spenta l’eco della manifestazione di sabato, dove oltre 25 mila persone hanno chiesto che si dica basta da subito al peggiore dei combustibili fossili, il carbone.

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