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Abruzzo, terra di uccelli acquatici

Maggiori presenze nelle zone protette e comunque in quelle non disturbate dalla caccia *** Sono oltre diciannovemila gli uccelli acquatici, di ben 38 specie diverse, che hanno deciso di trascorrere l’inverno in Abruzzo. Li hanno contati uno a…

Maggiori presenze nelle zone protette e comunque in quelle non disturbate dalla caccia
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Sono oltre diciannovemila gli uccelli acquatici, di ben 38 specie diverse, che hanno deciso di trascorrere l’inverno in Abruzzo. Li hanno contati uno a uno i 29 rilevatori che si sono sparsi lungo fiumi, laghi e coste della regione, armati di potenti binocoli, nel fine settimana tra il 13 e il 14 gennaio scorsi nell’ambito del censimento degli uccelli acquatici svernanti (IWC: International Waterfowl Census), coordinato in Italia da ISPRA, il braccio operativo scientifico del Ministero dell’Ambiente. Si tratta di una forma di monitoraggio a lungo termine lanciata a livello internazionale nel 1967 e che si effettua anche in Abruzzo ormai da quasi vent’anni. Il protocollo prevede un conteggio dettagliato, specie per specie, che si attua sempre nel mese di gennaio quando il movimento migratorio è minimo e gli uccelli svernano in massima parte in aree nelle quali è relativamente semplice osservarli.
Il coordinatore IWC per l’Abruzzo è da diversi anni l’ornitologo Carlo Artese, la cui funzione è fondamentale per l’organizzazione del censimento. Perché questa attività abbia successo è importante infatti che si svolga in tempi ristretti e contemporaneamente per tutti i principali siti di presenza, che in Abruzzo sono ben 37 diffusi nell’intero territorio regionale. «Si tratta – spiega Artese – di una attività a base volontaria, con la partecipazione di oltre 30 appassionati ornitologi di Associazioni come il WWF con le sue Oasi e le sue Guardie ambientali, la Stazione Ornitologica Abruzzese, il gruppo Snowfinch dell’Aquila, personale delle Riserve Naturali Regionali e dei Parchi Nazionali… È interessante notare che da diversi anni il numero di specie rimane sostanzialmente stabile intorno alla quarantina ed è un numero importante».
I risultati censimento 2018 sono estremamente interessanti: come si accennava sono stati contati 19.101 individui di 38 diverse specie. L’uccello con abitudini acquatiche maggiormente presente in Abruzzo è la folaga: ne sono state censite ben 5.589. Segue a ruota il moriglione, a quota 4.291. Interessante la presenza di specie di cui è stato osservato un solo individuo: nitticora, marzaiola, corriere piccolo, gabbiano reale pontico, piro piro piccolo e albanella reale. Da segnalare anche 2 marangoni minori e 4 osservazioni di zafferano comune, canapiglia e garzetta.
In termini assoluti il sito umido più ricco di uccelli è il lago di Campotosto, Riserva Naturale Statale di ripopolamento animale dei Carabinieri Forestali all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Qui sono stati censiti ben 10.768 individui, ma c’era da attenderselo viste le dimensioni dell’invaso. La maggiore ricchezza di specie la vanta invece l’oasi WWF del Lago di Serranella, a quota 18, seguita a ruota proprio da Campotosto (17), da vari punti del litorale (tra 15 e 9) e dalle Sorgenti del Pescara (10). «Un dato – chiarisce Carlo Artese – semplice da interpretare: le specie sono più numerose e il numero degli individui è maggiore là dove non sono in azione le doppiette: le aree protette e la fascia costiera, lungo la quale è anche l’intensa presenza antropica a impedire la caccia. Al contrario in tutte le aree di media collina l’attività venatoria è intensa e rappresenta un formidabile deterrente per la presenza di avifauna».
Nelle prossime settimane Artese e gli altri volontari illustreranno i risultati del censimento in incontri che saranno organizzati presso Oasi e Riserve sparse nel territorio regionale mentre è in corso una elaborazione più accurata dei dati per valutare l’andamento dei censimenti nel corso degli anni. Potranno venirne fuori risultati interessanti. «L’Abruzzo – conclude Artese – ha un ruolo significativo nel programma IWC, inserendosi in una analisi prima a livello nazionale con l’ISPRA e poi a livello internazionale. Avere un quadro sulla variazione nel tempo delle presenze può essere in ogni caso estremamente importante anche a livello regionale, per la salvaguardia dell’avifauna e per una seria programmazione nella gestione delle sempre più minacciate zone umide e costiere».

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