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Appello nazionale per la salvaguardia dei fiumi

Fiumi senz’acqua o con una portata completamente alterata, cementificati, interrotti da un numero sempre più elevato di sbarramenti. È questa purtroppo la situazione in cui riversano troppi corsi d’acqua nel nostro Paese. A soffrire non sono solo quelli…

Fiumi senz’acqua o con una portata completamente alterata, cementificati, interrotti da un numero sempre più elevato di sbarramenti. È questa purtroppo la situazione in cui riversano troppi corsi d’acqua nel nostro Paese. A soffrire non sono solo quelli principali, ma soprattutto i torrenti e rii di montagna con sempre meno corsi d’acqua alpini che mantengono ancora condizioni di naturalità elevata (e non inquinati) mentre i restanti corpi idrici sono in gran maggioranza sfruttati da derivazioni a scopo idroelettrico o irriguo. Situazione che si verifica anche lungo l’arco appenninico e nel resto del territorio italiano, dove il livello di sfruttamento delle acque superficiali e la pressione sui corpi idrici sta rapidamente aumentando, al contrario di quanto richiederebbero gli obiettivi delle direttive europee.
Questo il presupposto che ha portato oltre cento tra associazioni e comitati a firmare l’Appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico promosso dal Cirf, Centro italiano per la riqualificazione fluviale, presentato questa mattina alla Camera dei deputati insieme ai rappresentanti di Legambiente, WWF Italia, Mountain Wilderness Italia, FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee), Forum italiano dei movimenti per l’acqua, Comitato Bellunese Acqua Bene Comune.

In Italia sono oltre 3.000 le centrali idroelettriche esistenti. Gli incentivi per gli impianti idroelettrici non distinguono tra impianti che danneggiano i fiumi e gli ecosistemi e quelli invece che rispondono a criteri seri di sostenibilità. Inoltre l’assenza di regole efficaci di tutela dei bacini idrografici e dei deflussi idrici ha portato a una vera e propria corsa alla costruzione di nuove centrali idroelettriche, con oltre 1.500 istanze attualmente pendenti nelle regioni alpine e centinaia nelle Regioni del Centro-Sud. Sempre più spesso poi le domande di concessione di derivazione per scopo idroelettrico insistono in parchi o in aree Natura 2000 (SIC o ZPS).

A denunciare i rischi di questo scenario non sono solo comitati e associazioni ambientaliste, come dimostra la procedura avviata da parte della Commissione europea nei confronti del Governo italiano per verificare la corretta applicazione della Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE, della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE e della Direttiva “VIA” 2011/92/UE, per i bacini dei fiumi Tagliamento, Oglio e Piave. Infine, il nostro Paese è fortemente in ritardo rispetto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici dettati dalla direttiva europea 2000/60, da raggiungere entro il 2015.

L’energia idroelettrica svolge un ruolo importante nella produzione da fonti rinnovabili nel nostro Paese nella direzione della riduzione delle emissioni di CO2, ma oggi occorre cambiare completamente il sistema degli incentivi e le regole per valutare l’impatto degli impianti idroelettrici e garantire la tutela dei fiumi,  degli ecosistemi e della biodiversità, come oggi purtroppo non avviene per una risorsa preziosissima come l’acqua.

I firmatari dell’appello chiedono al Governo, al Parlamento e alle Regioni:

  • immediata sospensione del rilascio di nuove concessioni e autorizzazioni per impianti idroelettrici su acque superficiali, e una revisione degli strumenti di incentivo da mantenere solo per impianti che soddisfino tutti i requisiti di tutela dei corsi d’acqua
  • apertura di un tavolo di confronto a livello nazionale con l’obiettivo di ridurre l’impatto delle centrali idroelettriche esistenti e minimizzare quello di eventuali nuovi impianti;
  • che i Piani di Gestione dei distretti idrografici prevedano programmi di riqualificazione dei corsi d’acqua e, più in generale, del bene comune acqua
  • che venga attuato un processo rigoroso di valutazione dell’impatto ambientale, consideriando in modo esplicito gli impatti cumulativi dei progetti che incidono su uno stesso bacino imbrifero;
  • che venga superato il concetto attuale di Deflusso Minimo Vitale in favore di quello di deflusso ecologico, per garantire la qualità ecologica di un corpo idrico e dei servizi ecosistemici
  • che venga garantito il rispetto dei deflussi rilasciati in alveo e l’esecuzione delle misure di mitigazione, attraverso l’applicazione del sistema sanzionatorio previsto dalla legge.
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