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La Spezia, WWF: nessuna proroga per la centrale a carbone

  Dal superamento del carbone entro il 2025 non si torna indietro e tutti coloro che tentano di speculare sulle variazioni di approvvigionamento di energia devono essere chiamati a dare dettagliate spiegazioni: è questa la posizione e la…

 
Dal superamento del carbone entro il 2025 non si torna indietro e tutti coloro che tentano di speculare sulle variazioni di approvvigionamento di energia devono essere chiamati a dare dettagliate spiegazioni: è questa la posizione e la richiesta del WWF Italia a seguito delle speculazioni sulla notizia secondo cui, a seguito della chiusura di una centrale nucleare francese, Terna avrebbe chiesto ad Enel di fare ripartire la centrale a carbone di La Spezia e che questo sarebbe indicativo della necessità di realizzare con urgenza un nuovo impianto a gas nello stesso sito. In realtà la centrale non era chiusa, e siamo davanti a una triste e trista pantomima, a una forma di ricatto. La situazione viene cavalcata da tutti coloro che, a vario titolo, sono favorevoli alla realizzazione di un nuovo impianto a gas da 800 MW a La Spezia, secondo i quali questa è l’unica strada per chiudere con il carbone che forse vorrebbero persino far proseguire oltre il 2021, almeno fino a quando non sarà avviato il nuovo impianto.
 
Così quanto accaduto in Francia, similmente a quanto accaduto ad inizio 2017 (chiusura di impianto nucleare francese e richiesta di riaccensione della centrale a carbone di Genoa) diviene un comodo alibi per continuare a usare il carbone e andare sui giornali. Invero la centrale di Spezia è operativa e nel solo 2018 ha emesso 1.928.640 t CO2. Il country manager Enel per l’Italia, Carlo Tamburi, ha annunciato a giugno di voler chiedere l’uscita della centrale nel 2021. Del resto, l’impianto è vetusto e ottenere tale proroga sarebbe stato comunque molto difficile, anche secondo le normative europee. Tant’è che nel frattempo a Enel è stato richiesto di abbassare sensibilmente i livelli di inquinamento dell’aria da qui alla dismissione, quindi la produzione.
 
Posto che sono anni che l’eventuale problema di rischio carenza di energia sul nodo ligure viene annunciato, ci sarebbe da chiedersi come mai nulla sia stato fatto nel frattempo per incrementare la produzione da fonti rinnovabili, realizzare sistemi di accumulo e, allo stesso tempo, perché non si usano maggiormente altri impianti a gas liguri esistenti e operativi; nel caso di Spezia, poi, si è arrivati all’assurdo di autorizzare la dismissione di un ciclo combinato a gas tenendo aperta la più inquinante unità da 600 MW a carbone.
 
In questo quadro, ci stupisce molto la posizione dei sindacati elettrici locali, fino a pochi mesi fa convinti della necessità di avviare celermente le alternative di sviluppo e occupazionali, tanto più che sanno benissimo che l’eventuale peaker a gas avrà livelli di occupazione irrisori.
 
Non è positivo, nemmeno per l’occupazione, che invece di accelerare sulla strada della transizione energetica fondata su rinnovabili, accumuli, reti intelligenti, si decida di cogliere ogni occasione per arroccarsi sul vecchio modello di produzione energetica fondata sui combustibili fossili, i principali responsabili dei cambiamenti climatici in atto. La comunità scientifica internazionale ci dice che il tempo per cambiare rotta è quasi esaurito, i dati ci dicono che l’Italia sta perdendo competitività perché la transizione non è abbastanza veloce, chiara e continua. Ci aspettiamo coerenza da parte di tutti. 
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