Pandanews

Quante volte ancora possiamo girare la testa e fingere di non vedere?

Le fiamme artigliano, dilaniano distruggono in maniera inarrestabile ecosistemi di cui abbiamo bisogno per vivere

Davanti a noi tempeste di fuoco

Stupisce sempre rendersi conto di quanto gli interessi della nostra società si concentrino su alcune vicende che percepiamo come vicine e rilevanti. Sono temi che ci accalorano e ci chiamo a manifestare nelle piazze. Ci battiamo per i diritti negati, per la libertà, per il lavoro. Non voglio dire che queste questioni non siano importanti, anzi lo sono moltissimo. Quello che mi colpisce è coma l’umanità non riesca a capire la dimensione enorme di altre vicende che stanno sconvolgendo le nostre vite e sono connesse (se non addirittura la causa) a tutto il resto.

Se oggi ci accaloriamo intorno al green pass è perché le nostre azioni hanno scatenato virus pandemici, se la gente non ha diritto di vivere al sicuro nelle proprie case, ma viene travolta da inondazioni e fango è perché abbiamo follemente sconvolto gli equilibri degli ecosistemi, se ci troviamo a discutere di chi accogliere nel nostro paese è perché il riscaldamento del pianeta ha prosciugato pozzi, inaridito i suoli e alzato il livello del mare di territori a noi vicini.

Perché non riempiamo le piazze con la nostra protesta se i cambiamenti che abbiamo prodotto nel mondo hanno di fatto limitato la nostra felicità, il nostro benessere (solo in Italia abbiamo ogni anno 29 giorni di caldo estremo in più rispetto a quelli che dovevamo sopportare negli anni 70’), il nostro ottimismo, l’equità e la giustizia con cui trattiamo i più fragili e deboli? Perché non inorridiamo di fronte agli incendi devastanti alimentati dalla nostra insipienza e dal cambiamento climatico? Perché se il pianeta è in fiamme, dall’Amazzonia, al Canada, dall’Alaska alla Siberia, dalla California all’Oregon e ora anche in Sardegna, non capiamo che quelle foreste devastate, quegli animali carbonizzati, quel suolo incenerito non pesano solo sulle spalle delle comunità indigene, di piccoli allevatori e proprietari, di famiglie devastate, ma sono un drammatico fardello che sarà pagato dalla nostra salute, dalla nostra libertà e dalla felicità dei nostri figli? Forse perché chi decide, che comunica, chi informa, non ha veramente capito la portata di quello che sta succedendo, a partire dagli incendi.

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Gli incendi di oggi non sono quelli di ieri. Il riscaldamento del pianeta di fatto sta trasformando i roghi dei piromani, le fiamme appiccate intenzionalmente da piccoli o grandi interessi, le scintille dovuti all’incuria, in devastanti eventi estremi sempre più frequenti, che in alcuni casi gli scienziati chiamano megafires: vere e proprie tempeste di fuoco fuori controllo.

Le fiamme artigliano, dilaniano distruggono in maniera inarrestabile ecosistemi di cui abbiamo bisogno per vivere, foreste che amiamo, animali che stanno scomparendo.  Perché pur consapevoli di cosa ci aspetti in fondo a questa folle corsa ci giriamo dall’altra parte?  Perché in fondo non vogliamo cambiare. Non vogliamo rinunciare. Preferiamo discutere e parlare di cose più piccole, più vicine, che non ci obbligano ad assumerci delle responsabilità e a fare delle scelte. Come se il futuro del Pianeta dipendesse da qualcun altro e la crisi in corso non fosse una vicenda umana. In una sua canzone Bob Dylan si chiedeva “Quante volte un uomo può girare la testa e fingere di non vedere?” Aiutatemi a rispondere perché non ho una risposta.

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