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Cinghiali, la caccia non risolve il problema

Problemi complessi non possono essere affrontati con soluzioni semplicistiche che si sono dimostrate, negli anni, inefficaci

In Umbria allungare la stagione venatoria non ha portato benefici

La gestione del cinghiale è una questione complessa che investe e coinvolge molti settori della società e che proprio per la sua complessità richiede interventi basati sulle evidenze scientifiche e sull’analisi dei risultati delle pratiche messe finora in atto. Affidarsi solo alla caccia, come si fa da decenni, non risolve la situazione ma la peggiora. E’ necessario, sottolinea il WWF, un confronto aperto e tecnicamente supportato per aiutare a individuare azioni davvero efficaci.

La caccia ottiene risultati opposti a quelli sperati
Numerose pubblicazioni scientifiche chiariscono che, in buona sostanza la caccia, così come in parte il cosiddetto selecontrollo, intervenendo in maniera sbilanciata sulle dinamiche ecologiche della specie ottiene risultati opposti rispetto alle intenzioni: più abbattimenti e pressione sulla popolazione adulta ci sono, più e prima i cinghiali rimanenti si riproducono e i gruppi familiari si destabilizzano: i numeri quindi aumentano anziché diminuire. Di conseguenza crescono sia i danni all’agricoltura sia gli incidenti stradali. Lo dimostrano ormai numerosi studi e i recenti dati forniti da ISPRA, ma lo dimostra anche l’esperienza pratica: da anni l’emergenza cinghiali si contrasta affidandosi quasi soltanto a doppiette e carabine, ma la situazione è tutt’altro che migliorata.

Catture con chiusini e prevenzione
Le catture con chiusini e recinti di cattura si sono dimostrate invece molto efficaci, riuscendo a essere più simili alle dinamiche ecologiche naturali rispetto al prelievo venatorio, come dimostrano numerose esperienze pratiche condotte sul campo.
Anche le misure di prevenzione con i recinti elettrificati, laddove sono state attuate, hanno avuto effetti positivi, pur necessitando di alcune accortezze nella fase di installazione e per la manutenzione, ed essendo economicamente vantaggiosi in particolare per le colture più pregiate. Hanno preso inoltre il via i primi esperimenti di sterilizzazione, attraverso interventi però complessi da gestire su ampi spazi, e quindi più indicati per aree protette e di piccole dimensioni.
Ma le evidenze scientifiche purtroppo difficilmente diventano elemento su cui basare le scelte. Si preferisce invece riproporre da anni sempre le stesse soluzioni anche se non hanno prodotto risultati positivi. L’intero settore continua infatti a risentire dell’approccio per cui la gestione faunistica finisce per coincidere con la gestione venatoria: nulla di più errato! Il caso dei cinghiali dimostra esattamente il contrario: a causa della caccia dagli anni 60 del secolo scorso vi sono state enormi immissioni di cinghiali che hanno finito per determinare un disequilibrio che l’aumento della pressione venatoria non solo non ha risolto, ma ha addirittura fatto aumentare. Se quindi l’obiettivo dichiarato è quello di diminuire il numero dei cinghiali per far diminuire i danni alle colture (e in alcuni casi anche al patrimonio naturale) è inutile aumentare i periodi di caccia arrivando, come è oggi in Umbria, a consentire il prelievo venatorio – nella forma della caccia e in quella del selecontrollo – tutto l’anno.

Soluzioni semplici non funzionano con problemi complessi
E’ sbagliato pensare di fornire soluzioni semplici a problemi complessi ed è miope, oltreché inutile, come più volte detto dal WWF Italia, continuare con strategie che fino ad oggi si sono dimostrate a dir poco inefficaci.
Una vera soluzione è possibile solo attraverso una strategia che coinvolga tutti i portatori di interesse e che si basi esclusivamente sulle evidenze scientifiche e sulle modalità più efficaci. In caso contrario, il rischio è che tra qualche anno avremo tanti cinghiali uccisi in più, ma con ancora più danni di quelli registrati ad oggi. Per questo l’intenzione del WWF è quella di continuare a offrire occasioni di riflessione chiedendo disponibilità al settore dell’agricoltura attraverso le associazioni di categoria: solo un confronto aperto e tecnicamente supportato potrà aiutare ad adottare soluzioni davvero efficaci.

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