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I paesi mediterranei dell’UE non riescono a prevenire un disastro nel loro mare

E a sostenere lo sviluppo sostenibile dell'energia rinnovabile offshore. L'articolo di Antonia Leroy, responsabile Ocean Policy di EPO

Nell’Unione Europea la pianificazione a lungo termine per le attività sostenibili in mare non è facoltativa ma un requisito legale ai sensi della Direttiva sulla Pianificazione dello Spazio Marittimo (PSM), che ha fissato al 31 marzo 2021 la scadenza per tutti gli Stati membri per l’implementazione dei loro piani.

Venerdì 2 dicembre ricorre il secondo anniversario dell’avvio da parte della Commissione europea di una procedura di infrazione (cioè di un’azione legale) nei confronti di cinque Stati membri (tra cui l’Italia) del Mediterraneo per non aver presentato in tempo i loro piani marittimi nazionali.

Senza questi piani, l’UE non sarà in grado di adempiere al mandato della COP15 di garantire un’efficace protezione e ripristino degli ecosistemi degradati, né di rispettare gli impegni assunti nell’ambito dell’Accordo di Parigi e del Green Deal europeo per un futuro a zero emissioni per tutti.

Allora perché nel Mare nostrum, uno dei bacini marini che più beneficerebbero di un processo così completo e olistico per gestire l’”ancora di salvezza” blu da cui dipendono tanti cittadini, la maggior parte dei paesi (cinque su otto) non è ancora riuscita a presentare i propri piani alla Commissione? Perché le proposte di piano di gestione dello spazio marittimo italiano non hanno affrontato adeguatamente la questione relativa a clima e biodiversità? In particolare, non si è stati in grado di identificare e designare, o quantomeno proporre, le aree da assicurare alla protezione dell’ambiente marino con una vision a breve e lungo termine, per raggiungere gli obbiettivi di protezione efficace del 30% dei mari (come per esempio assicurare la protezione dei rifugi climatici – climate refugia), e nemmeno sono state identificate le aree idonee e non idonee per il settore delle rinnovabili offshore, nonostante l’urgenza della crisi climatica e della biodiversità. 

Il Mediterraneo è il gioiello dei mari europei. Sebbene copra meno dell’1% della superficie oceanica globale, ospita una specie marina su dieci, di cui il 28% non si trova in nessun altro luogo della Terra. Secondo le stime della Commissione europea, l’Economia Blu del Mediterraneo ha un valore di 67 miliardi di euro e contribuisce per oltre il 36% all’economia blu totale dell’UE, con Italia, Spagna e Grecia che contribuiscono in misura maggiore a questa cifra.

Ma queste sono acque turbolente. Le collisioni delle navi, l’immissione di rifiuti marini, la perdita di habitat, la pesca eccessiva e l’uso e l’estrazione di risorse naturali non sostenibile, per citare solo alcuni dei problemi, stanno facendo sentire il loro peso: oltre il 70% degli stock ittici valutati sono sovrasfruttati, il 34% delle praterie di fanerogame marine è andato perduto negli ultimi 50 anni e oltre il 53% degli squali, delle razze e delle chimere originarie della regione sono a rischio di estinzione. Le flotte di pesca meno pagate dell’UE provengono da Malta, Slovenia, Grecia e Cipro. La crisi climatica sta esacerbando l’erosione costiera causata dall’innalzamento sempre più pericoloso del livello del mare, che rischia di sommergere le spiagge e di bloccare intere comunità, mentre i proventi del turismo vengono spazzati via.

Lo strumento per affrontare questi e altri problemi sotto un unico ombrello esiste: la PSM prende in considerazione tutti i settori economici e i fattori ecologici legati a un’area marina e assegna uno spazio, sia a livello geografico che temporale, a diverse attività e persone il cui sostentamento è legato ai nostri mari, con l’obiettivo di garantire un equilibrio sostenibile a lungo termine tra uomo e natura.

Sebbene sulla carta il Mediterraneo abbia una percentuale di aree marine protette tra le più alte dell’UE, senza una strategia a lungo termine nell’ambito della PSM e senza una gestione significativa, questi parchi esistono solo sulla carta. La PSM garantisce anche la risoluzione dei conflitti tra la protezione dell’ambiente marino e le altre attività umane, un aspetto essenziale affinché gli ecosistemi possano trarre tutti i benefici delle aree protette. In breve, l’incapacità di implementare una pianificazione marittima sostenibile rende impossibile garantire che l’economia blu del Mediterraneo rimanga all’interno dei confini marini, con un impatto minimo sulle risorse marine che sostengono milioni di persone che vivono lungo le sue coste.

Ancora più preoccupante è la mancanza di cooperazione tra gli Stati membri e con i loro vicini non appartenenti all’UE. Senza un approccio congiunto e transfrontaliero alla pianificazione, non c’è modo di garantire, ad esempio, che i corridoi migratori per i mammiferi marini siano collegati attraverso l’intero bacino. Questo potrebbe di fatto cancellare i benefici derivanti dalla destinazione d’uso per il ripristino di ecosistemi marini danneggiati, influenzando anche il cosiddetto effetto “spill-over” (ossia il meccanismo che determina un tasso netto di migrazione di individui adulti verso l’esterno delle AMP), quindi con ricadute negative a cascata sia in termini ambientali che socioeconomici, come pesca e turismo.

Al già complesso collage di attività presenti all’interno del Mediterraneo si aggiunge la grande necessità di espandere l’energia rinnovabile offshore per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo, fornire soluzioni a lungo termine alla crisi energetica e mantenere le promesse dell’Accordo di Parigi. Come strumento di pianificazione, la PSM collega gli aspetti del Green Deal relativi al clima e alla biodiversità, il che è essenziale per garantire una diffusione delle energie rinnovabili che non solo riduca al minimo gli impatti sulla natura e sugli altri settori marittimi, ma che sfrutti anche il massimo potenziale delle energie rinnovabili.

Finora l’azione legale dell’UE non è stata incisiva, poiché i piani di tutti e cinque i Paesi devono ancora essere pubblicati. È ora urgente che la Commissione prenda provvedimenti concreti, come ad esempio deferire la questione alla Corte di giustizia per eventuali sanzioni.

Laddove il processo di PSM non sia ancora stato avviato, i governi devono iniziare immediatamente. I piani nazionali di altri Stati membri non dovrebbero essere ignorati dalle autorità del Mediterraneo, poiché i buoni esempi e gli insegnamenti tratti da queste strategie, insieme all’importanza della natura transfrontaliera dei nostri mari, sono basi fondamentali per i nuovi processi di PSM nell’UE.

Le prove sono chiare: i piani nazionali per gestire in modo sostenibile ciò che facciamo nei nostri mari sono imperativi. Dobbiamo urgentemente fare un passo avanti se vogliamo evitare un disastro ecologico in una delle regioni più trafficate ed ecologicamente più preziose dell’UE.

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