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La ‘protesta dei pesci’ in decine di fiumi italiani

La manifestazione per chiedere al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa il rispetto della Direttiva Quadro Acque, anche quando si tratta di energia idroelettrica 100 sit-in e flash mob in tutta Italia per salvaguardare gli ecosistemi di fiumi e torrenti…

La manifestazione per chiedere al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa il rispetto della Direttiva Quadro Acque, anche quando si tratta di energia idroelettrica

100 sit-in e flash mob in tutta Italia per salvaguardare gli ecosistemi di fiumi e torrenti contro i rischi legati ai troppi progetti idroelettrici incompatibili con la tutela dei corsi d’acqua e della loro biodiversità. Prelievi eccessivi e nuovi cantieri ad alta quota, in luoghi per lo più incontaminati, minacciano la vita di centinaia di corsi d’acqua naturali. 
La mobilitazione, denominata “La protesta dei pesci di fiume”, si è svolta sabato 25 in decine di fiumi italiani: un appuntamento convocato da 18 associazioni ambientaliste per chiedere al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa il rispetto della Direttiva Quadro Acque, anche quando si tratta di energia idroelettrica. L’obiettivo è bloccare progetti nei corsi d’acqua naturali che accedono agli incentivi previsti dal nuovo Decreto Rinnovabili FER 1 che provocherebbero un ulteriore danno ai nostri fiumi, già provati dagli effetti della crisi climatica, a fronte di un irrisorio contributo di energia rinnovabile.
A promuovere gli eventi sul territorio italiano sono: Free Rivers Italia, Legambiente, Alpi Kayak, Arci Pesca Fisa, CIPRA Italia, CIRF, Federazione Italiana Canoa Turistica, Federazione Nazionale Pro Natura, Federrafting, Forum Italiano Movimenti per l’Acqua, Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness, Salviamo il Paesaggio, Spinning Club Italia, Unione Nazionale Pesca a Mosca UNPeM, Tavolo Nazionale Contratti di fiume, WWF Italia.
Nel mirino delle associazioni è finito il decreto Rinnovabili FER 1 che non ha eliminato gli incentivi agli impianti idroelettrici nei corsi d’acqua naturali, come previsto nella bozza originale, ma ha fissato dei criteri da rispettare previsti dalle Direttive europee, che ora si vuole aggirare nella loro applicazione. Nello specifico, il Decreto stabilisce che per poter accedere all’incentivo il sistema ARPA/SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) deve verificare e certificare che la concessione di derivazione sia conforme alle Linee Guida del Ministero Ambiente per le valutazioni ambientali ex ante delle derivazioni idriche (approvate con D.D. n. 29/STA del 13.02.2017, in particolare alle tabelle 11 e 13 dell’allegato 1 del decreto). Le Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) sono però orientate ad applicare, al posto di queste tabelle, quelle meno tutelanti delle Direttive Derivazioni Distrettuali, emanate dagli otto Distretti Idrografici italiani. Un’applicazione che costituirebbe un grosso passo indietro rispetto agli obiettivi di tutela delle acque e vanificherebbe il lavoro svolto finora allo scopo di evitare gli incentivi a centinaia di nuovi impianti che non rispettano la Direttiva Quadro Acque.
“Questa situazione potrebbe portare nuovamente ad approvare progetti devastanti sui corsi d’acqua naturali come già capitato negli anni passati”, Denunciano le associazioni che aggiungono: “Ci appelliamo al ministro dell’Ambiente Sergio Costa affinché venga scongiurato il pericolo di ripetere gli errori del passato che hanno permesso negli ultimi dieci anni autorizzazioni e incentivi a oltre 2000 impianti che non rispettano la Direttiva Quadro Acque, oggetto anche di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea. La biodiversità acquatica, già oggi fortemente a rischio per i cambiamenti climatici in atto, potrebbe subire un ulteriore e pericoloso contraccolpo”.
“Occorre rivedere le regole per l’idroelettrico prevedendo regole chiare nella tutela dei corsi d’acqua, che spingano al recupero energetico da acquedotti e a un utilizzo più efficiente degli impianti esistenti, per mantenere la produzione idroelettrica di cui abbiamo bisogno nella transizione energetica – proseguono le associazioni -. Un revamping degli impianti esistenti non solo consentirebbe di produrre più energia, ma consentirebbe anche di valorizzare gli invasi esistenti con contemporanei interventi di naturalizzazione e riqualificazione”.
L’Italia è tra i maggiori produttori di energia idroelettrica in Europa e la fonte idraulica, in base ai dati dell’ultimo rapporto del GSE, si conferma quella che garantisce il principale contributo alla produzione di energia elettrica nazionale da FER (43% della produzione complessiva nel 2018, in aumento rispetto al 35% del 2017) nel nostro paese. I piccoli impianti sono, però, molte volte realizzati in contesti montani che conservano un’elevata qualità ambientale. Le autorizzazioni a costruire sono spesso state date in violazione della Direttiva Acque, come dimostrano le due procedure di accertamento aperte dall’Unione europea nei confronti dell’Italia.
Per le associazioni i cambiamenti climatici in atto obbligano sempre più ad un’attenta valutazione del contesto ambientale in cui si opera e per quanto concerne le risorse idriche e i corsi d’acqua il tema si fa ancora più delicato, specialmente nell’arco alpino. È invece urgente avviare interventi di rinaturazione fluviale diffusi per recuperare le aree di esondazione naturale e restituire naturalità ai fiumi per aumentare la sicurezza, tutelarne la biodiversità e avviare una seria politica di adattamento ai cambiamenti climatici.  Negli ultimi 150 anni le Alpi hanno, infatti, registrato un aumento delle temperature di quasi due gradi centigradi: più del doppio della media globale dell’intero pianeta. E gli eccessivi prelievi a scopo idroelettrico di questi ultimi anni hanno comportato pesanti ripercussioni sui corsi d’acqua che dovrebbero indurre a un ripensamento della gestione complessiva della risorsa. 
 
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