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Il ritorno della biodiversità all’Oasi dei Ghirardi

Nell’Oasi dei Ghirardi, in provincia di Parma, lungo l’Appennino emiliano, il WWF protegge e gestisce quasi 600 ettari di boschi, ambienti prativi e torrenti, rifugio di innumerevoli specie e habitat di importanza comunitaria. L’intervento di rinaturalizzazione ha riguardato…

Nell’Oasi dei Ghirardi, in provincia di Parma, lungo l’Appennino emiliano, il WWF protegge e gestisce
quasi 600 ettari di boschi, ambienti prativi e torrenti, rifugio di innumerevoli specie e habitat di
importanza comunitaria. L’intervento di rinaturalizzazione ha riguardato il recupero di importanti
ambienti di pascolo con tutta la loro ricca biodiversità. La reintroduzione di razze domestiche autoctone
oggi sempre più rare, come la piccola vacca Cabannina delle montagne del levante ligure, il cavallo
Bardigiano della Val Ceno e la candida pecora Nostrana dell’Appennino settentrionale, ha consentito il
ritorno di una ricchissima biodiversità dei pascoli estensivi, tra cui farfalle, orchidee ma anche diverse
specie di uccelli e persino i lupi.

IL PROBLEMA

Nei primi anni di esistenza dell’area protetta i ricercatori avevano notato che molte specie erano in
sofferenza per la graduale scomparsa degli ambienti legati all’agricoltura estensiva. Prati, coltivi, siepi,
filari ed esemplari isolati di grandi roverelle ultracentenarie, custoditi nell’area protetta, erano in via di
rapidissima scomparsa nel territorio circostante, rimpiazzati da monocolture nelle aree di pianura e
dalla fortissima espansione di boschi poveri nelle aree montane. Il cuore dell’intervento nell’Oasi dei
Ghirardi ha riguardato quindi il ripristino di attività di pascolo estensivo e sostenibile, selezionando razze
autoctone di animali domestici in via di estinzione, cruciali per il mantenimento della biodiversità degli
ambienti prativi. Parallelamente sono stati effettuati interventi gestionali come la realizzazione di piccole
zone d’acqua (abbeverate per gli animali domestici ma anche importanti habitat per anfibi e insetti) e la
riduzione dei cespuglieti spinosi. Tutto questo ha permesso di recuperare e estendere molti ambienti
prativi, uno fra gli habitat più rari e frammentati del territorio italiano, ridando spazio a uccelli piccoli e
grandi, insetti impollinatori, orchidee e tanti altri fiori. Non sono mancati interventi dedicati al miglioramento dell’ambiente boschivo, caratteristico della zona. È stato possibile infatti, attraverso la tutela ed il rispetto degli alberi vetusti e senescenti, mantenere e custodire il legno morto, habitat vitale per il ciclo vitale di tutti quegli organismi che favoriscono la decomposizione del legno e facilitano la rigenerazione delle foreste e la loro evoluzione verso una condizione di foresta matura.

PRIMA/DOPO, L’EFFETTO BENEFICO DELLA NOSTRA AZIONE

Nei primi anni di esistenza dell’area protetta Oasi dei Girardi, si registravano appena 15 specie diverse
di farfalle diurne. Oggi se ne contano 72. Anche le specie di libellule sono passate da 5 del 1996 a 17
di oggi. Il Cervo volante, rarissimo alla nascita dell’Oasi, è ora un comune protagonista delle sere estive.
Sono in aumento anche le coppie di averla piccola, tottavilla, succiacapre, zigolo nero. Abbiamo
assistito inoltre all’insediamento, nel 2015, di un nucleo riproduttivo di lupo, arrivato a contare nel giro
di pochi anni una decina di individui. La sua presenza ha determinato una riduzione consistente del
numero di ungulati che impattavano pesantemente sulla vegetazione spontanea, con la conseguente
ricomparsa di specie di orchidee, come la Neotinea tridentata, che era scomparsa fin dagli anni ’90 del
secolo scorso poichè appetita da questi animali.

L’AREA DI PROGETTO

Il progetto ha interessato l’alta Valle del Taro, un’ampia conca montana incastonata
nell’Appennino, dove l’Emilia tocca la Liguria e la Toscana. Qui il WWF dal 1996 tutela 580 ettari di
prati, boschi, rupi, torrenti e calanchi abitati da una ricchissima biodiversità rappresentativa dell’incontro
tra l’ambiente mediterraneo e quello più continentale centroeuropeo.
Diventata Riserva Naturale Regionale nel 2010, il WWF si occupa della gestione dell’area in
convenzione con l’Ente Parchi e Biodiversità Emilia Occidentale e con la principale proprietà, famiglia
Marchini-Camia, promotrice storica della protezione di questo territorio e del suo paesaggio anche a
livello internazionale.

IL MONITORAGGIO

La base di partenza per l’opera del WWF è la conoscenza dello stato dell’ambiente: si sono
sempre svolte attività di monitoraggio in maniera costante nel tempo. Alcune specie di rilevanza
particolare, come il lupo o gli uccelli rapaci, vengono censite con cadenza annuale, a livello di numero
di individui. Viene monitorata inoltre la densità riproduttiva di alcune specie, come, tra i mammiferi
ungulati, daini, caprioli e cinghiali, tutte le altre le altre specie di uccelli, tritoni e la rana dalmatina, insetti
come i cervi volanti o alcune specie di farfalle diurne. In ultimo viene registrata anche la semplice
presenza/assenza di altre specie di rettili, pesci, farfalle e libellule. Accanto allo studio dello status delle
specie conosciute avviene una ricerca dedicata all’allargamento della check list, e quindi finalizzata alla
più ampia conoscenza possibile delle specie presenti, come il censimento delle specie di flora, di funghi
o delle falene che ormai prosegue da anni con risultati eccellenti.

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