Ci auguriamo che il Governo Renzi, che vuole chiudere la pagina della legge Obiettivo, non cada nei vecchi vizi di dare comunque credito ad istanze politico-clientelari fallimentari per i conti pubblici e per l’ambiente quali quelle che ancora una volta vorrebbero resuscitare lo zombie/ponte sullo Stretto di Messina.
Il ponte non è solo vicenda chiusa perché è decaduta la convenzione con il General Contractor Eurolink che non ha risposto agli impegni richiesti e perché è in liquidazione la concessionaria Stretto di Messina SpA, in coerenza con quanto stabilito da una legge dello Stato (legge 221/2012, conversione del decreto legge 179/2012 voluto dal governo Monti), ma soprattutto perché non ne è stata mai dimostrata la fattibilità tecnica ed economico finanziaria per un’opera dal costo esorbitante attuale di 8,5 miliardi di euro, più del doppio di quello con cui i General Contractor Eurolink ha vinto la gare (3,9 miliardi di euro) che prevede la realizzazione di un ponte ad unica campata di 3,3 km di lunghezza in una delle aree a più elevato rischio sismico e di maggior pregio naturalistico del Mediterraneo.
Il ponte è stato solo un grande spreco di denaro pubblico, per foraggiare gli studi di progettazione, con oltre 300 milioni di euro spesi in carta. L’opera non si potrebbe mai ripagare con il solo traffico ferroviario e anche gli introiti da pedaggio stradale previsti dagli stessi progettisti prevedevano a regime che il ponte fosse utilizzato solo per l’11% della sua capacità complessiva.