Rapaci, la grande migrazione sullo Stretto di Messina

I numeri sono impressionati: in soli due mesi, dal 15 marzo al 15 maggio, sono stati oltre 60.000 i passaggi censiti sulla sponda siciliana

Per il quarantaduesimo anno consecutivo è in corso di svolgimento sullo Stretto di Messina il campo antibracconaggio che monitora il passaggio dei rapaci, lo Stretto infatti è considerato uno dei 28 luoghi più importanti al mondo per le migrazioni dell’avifauna, il più importante in Europa

Il campo promosso dall’Associazione Mediterranea per la Natura in collaborazione col WWF Italia quest’anno ha fornito dati particolarmente straordinari: oltre 60.000 i rapaci migratori già censiti durante la traversata primaverile sulla sponda messinese. Numeri documentati che contraddicono in modo inequivocabile quelli più tranquillizzanti presentati dalla Società di Messina alla Commissione VIA per il progetto del ponte sullo Stretto e che la Commissione VIA ha ritenuto inadeguati tanto da prescrivere “ante operam” un monitoraggio “che copra un anno intero” sulle specie migratorie prendendo in considerazione “anche altre fasce orarie rispetto a quelle analizzate”. 

I rapaci (e non solo) che attraversano lo stretto in gran parte hanno viaggiato per migliaia di chilometri, dall’Africa subsahariana verso il Nord Europa per dirigersi verso le aree riproduttive. Sono gli uccelli migratori, che ogni anno seguendo i propri orologi biologici e bussole naturali compiono uno dei processi più spettacolari del regno animale per trovare le aree più favorevoli in cui riprodursi e sfamarsi nel periodo più ricco dell’anno. Un viaggio stupefacente ma pieno di innumerevoli insidie, soprattutto laddove le aree terrestri lasciano spazio al mare, rendendo ancora più difficoltoso ed energivoro il volo di animali che talvolta pesano appena pochi grammi. 

Ed è per questo che l’Italia, ponte terrestre naturale nel cuore del Mediterraneo, rappresenta uno dei corridoi di migrazione principali tra Africa ed Europa. Ed è proprio il tratto di mare più breve possibile, quello che separa Sicilia e Calabria, ad essere diventato nel corso dell’evoluzione un passaggio quasi obbligato in questo percorso: passaggio più sicuro per gli uccelli, ma anche ghiotta occasione per i bracconieri, che proprio sulle sponde dello Stretto di Messina per decenni hanno imperversato con un lauto bottino di morte. Tradizioni dure a morire, che solo grazie a decenni di campi antibracconaggio ed alla passione e competenza di persone come Anna Giordano oltre che di tanti volontari e forze dell’ordine che hanno unito le forze per contrastare questo triste fenomeno, si sono finalmente fortemente affievolite, seppur non ancora scomparse. Volontari che ogni anno, oltre ad essere sentinelle contro il bracconaggio e recuperare gli animali in difficoltà o feriti da armi da fuoco, dedicano intere settimane al monitoraggio del passaggio delle specie in migrazione. 

E anche quest’anno, a migrazione ancora in corso, i numeri sono impressionati: in soli due mesi, dal 15 marzo al 15 maggio, sono stati oltre 60.000 i passaggi censiti sulla sponda siciliana, concentrati nei giorni in cui il meteo è più clemente e i venti favorevoli, con anche 8.000 passaggi al giorno: falchi pecchiaioli, grillai, grifoni, falchi pescatori, aquile reali, falchi pellegrini, albanelle pallide e minori, falchi della regina, falchi cuculi e lodolai, solo contando i rapaci. Senza contare quindi altri gruppi di uccelli, dai più piccoli passeriformi a quelli che migrano anche di notte e non rilevabili all’occhio umano. 

Ma oggi su questo tragitto rischia di collocarsi un ulteriore ostacolo, quello del Ponte che con le sue strutture, i suoi cavi, pendini e impalcati, occuperà uno spazio aereo pari a non meno di 75.000 70.000 metri quadrati: una enorme barriera sulla rotta delle 327 specie censite sullo Stretto. Rispetto a questo il WWF fa sottolineato come le analisi presentate dalla Società di Messina non solo fossero carenti sul piano dei censimenti, ma anche come non tenessero in debito conto fattori determinanti dell’attraversamento quali le condizioni meteo ed i venti. A differenza di quanto alcuni politici non sappiano infatti gli uccelli che fanno queste traversate planano, sono spinti e sorretti dai venti, in presenza di questi con le sole ali non avrebbero la forza di cambiare traiettoria ed evitare gli impatti. 

Purtroppo, ad oggi i numeri sul versante Calabrese, rilevati in aree non sempre idonee ed utilizzati per valutare i possibili impatti del Ponte sui migratori, sono inferiori di ben il 63%, con appena 22.000 esemplari rilevati. La probabilità statistica di trovare per puro caso differenze così ampie è inferiore al 2%: dove sono finiti quindi i migratori mancanti? Di certo potrebbero transitare in aree diverse da quella, singola, campionata, ma è evidente che i conti non tornano, aprendo la strada ad evidenti sottostime. 

Dato l’obbligo di misure di compensazione imposte dalla procedura autorizzativa in corso per il Ponte che ha ufficialmente acclarato l’inevitabilità degli impatti sui sistemi naturali, il WWF chiede quale mai possano essere misure idonee rispetto la gravissima interferenza prodotta su una rotta migratoria d’importanza mondiale.

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