Living Planet Report 2012

E' realizzato in collaborazione con il Global Footprint Network, la Zoological Society di Londra, e l’European Space Agency (l’Agenzia Spaziale Europea). Il Rapporto è alla sua nona edizione ed è stato pubblicato la prima volta nel 1998.
Il “Living Planet Report 2012” presenta lo stato dei sistemi naturali del nostro pianeta misurato in base a tre indicatori complementari.
Il primo è l’Indice del pianeta vivente (Living Planet Index) considera lo stato di un numero di popolazioni di specie superiore a quelli precedenti (si tratta di 9.014 popolazioni di 2.688 specie di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci) e indica un declino del 30% della salute della biodiversità, sin dal 1970. Questo trend viene rilevato per gli ecosistemi terrestri, di acque dolci e marini, ma risulta maggiore per le specie di acqua dolce, le cui popolazioni mostrano una decrescita media del 37%. L’Indice delle acque dolci tropicali ha subito un declino ancora maggiore, del 70%. In generale, dal 1970 l’Indice tropicale globale (quindi quello delle specie che si trovano nelle zone tropicali del Pianeta) è diminuito del 60%. Nello stesso periodo invece l’Indice delle regioni temperate è aumentato del 30%. Tuttavia, ciò non significa necessariamente che la biodiversità delle zone temperate si trovi in uno stato migliore di quella delle zone tropicali, in quanto l’Indice temperato nasconde gravi perdite storiche precedenti l'inizio dell'analisi che data, appunto, dal 1970.
Il secondo indicatore è l’Impronta ecologica che il WWF ha utilizzato sin dal rapporto del 2002 e che mostra un trend consistente di sovraconsumo. Nel 2008, l’anno più recente per il quale siano disponibili dati, l’Impronta ecologica superava la biocapacità della Terra – la superficie realmente disponibile per la produzione di risorse rinnovabili e l’assorbimento delle emissioni di CO2 – di oltre il 50%.
Il terzo indicatore è costituito dall’Impronta idrica della produzione che offre una seconda indicazione della domanda umana sulle risorse rinnovabili. Per la prima volta, il “Living Planet Report 2012” include l’analisi della disponibilità idrica, nel corso dell’anno, nei principali fiumi del mondo. Molti bacini fluviali soffrono di carenze idriche; l’esame della carenza idrica su base mensile rivela che molti bacini fluviali, la cui fornitura su base annua sembra sufficiente, si trovano attualmente in una condizione di sovrasfruttamento, che ostacola le funzioni ecosistemiche principali. Inoltre nel mondo, 2,7 miliardi di persone vivono in bacini idrici che per almeno 1 mese l’anno subiscono carenze idriche gravi.
Meno di un terzo dei fiumi del mondo la cui lunghezza supera 1.000 km scorre liberamente e senza dighe sul letto principale.
Gli scenari futuri realizzati con il calcolatore dell’Impronta ecologica, presentano una vasta gamma di possibili alternative future limitare il riscaldamento medio globale sotto ai 2°C rispetto ai livelli pre-industriali richiederà probabilmente una riduzione delle emissioni di oltre l’80% inferiore al picco di emissioni che sarà raggiunto tra non molto; se le emissioni continueranno ad aumentare, probabilmente entro il 2040, alcune grandi regioni sperimenteranno un aumento di oltre 2°C della temperatura media annuale; la diminuzione dell’Indice del pianeta vivente e l’aumento dell’Impronta ecologica evidenziano la necessità di politiche più sostenibili; gli scenari possono essere d’aiuto nel compiere scelte più informate per il futuro; gli scenari evidenziano l’importanza cruciale della conservazione della biodiversità nella protezione dei servizi ecosistemici.
Il Living Planet Report 2012

Queste analisi indicano che portare avanti uno scenario BAU (Business As Usual, cioè del “fare come se niente fosse”) avrà gravi conseguenze, potenzialmente catastrofiche. In particolare, i continui aumenti delle emissioni di gas a effetto serra porteranno a un aumento irreversibile della temperatura media di oltre 2°C, che sconvolgerà gravemente il funzionamento di quasi tutti gli ecosistemi mondiali e influenzerà drammaticamente lo sviluppo e il benessere umano. I futuri scenari alternativi, basati su modelli di consumi energetici e alimentari modificati e in grado di arrestare la deforestazione e il degrado delle foreste e dei sistemi naturali, costituiscono alcune delle opzioni già disponibili.
Come fare, quindi, per invertire il declino della biodiversità, riportare l’Impronta ecologica nei limiti del pianeta?
Il WWF ricorda che il nostro obiettivo è quello di imparare a vivere nei limiti di un solo pianeta. Tutti noi dobbiamo assumere quella che viene definita One Planet Perspective (la prospettiva di un solo Pianeta). Oltre agli impegni su larga scala per la conservazione e il ripristino della natura, questa prospettiva esplora le scelte migliori, lungo tutto l’intero sistema di produzione e consumi, per la salvaguardia del capitale naturale, da sostenere reindirizzando i flussi finanziari e con politiche di gestione delle risorse più eque. Gli scenari dimostrano che è ancora possibile invertire l’incremento dell’Impronta ecologica e i trend dei cambiamenti climatici utilizzando le attuali conoscenze e tecnologie e avviando un percorso verso società umane sane, sostenibili ed eque.
L’Impronta ecologica del carbonio
La biocapacità complessiva pro capite (cioè la capacità degli ecosistemi di produrre risorse biologiche utilizzabili dagli esseri umani) è diminuita da 3,2 ettari globali (gha) del 1961 a 1,8 gha pro capite nel 2008. Il continuo incremento dei trend di consumo nei paesi ad alto reddito del mondo e in quelli BRIICS (Brasile, Russia, India, Indonesia, Cina e Sud Africa), insieme a una forte crescita demografica, mostra segnali d’allarme relativi a ulteriori, futuri incrementi delle Impronte umane sui sistemi naturali.
L’Impronta del carbonio costituisce un fattore significativo di questo “superamento dei limiti ecologici” – termine utilizzato per descrivere il momento in cui a livello globale l’Impronta ecologica è superiore alla biocapacità.
Inoltre la frequenza e la complessità delle competizioni per l’utilizzo del territorio aumenteranno inevitabilmente col crescere della domanda antropica; in tutto il mondo in via di sviluppo si sta verificando una corsa senza precedenti, da parte di investitori esterni, a garantirsi l’accesso ai territori per future produzioni di alimenti e biocombustibili (il cosidetto Land Grabbing).
La perdita di biodiversità e dei relativi servizi ecosistemici colpisce in particolare le popolazioni povere, la cui sopravvivenza dipende più direttamente da tali servizi.