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"Case green", il Governo fa saltare il recepimento della direttiva

Le associazioni chiedono al governo un maggiore senso di responsabilità

“In Italia salta il recepimento della direttiva “Case green”. Il Governo Meloni sceglie ancora una volta di andare contro le ragioni dell’ambiente e dell’innovazione varando in CDM un provvedimento che non contiene il recepimento della direttiva europea EPBD sull’efficienza energetica degli edifici. Una scelta preoccupante che rischia di generare ulteriori ritardi e che di certo non fa bene alla transizione energetica edilizia, all’ambiente, alla lotta alla crisi climatica e ai cittadini che chiedono di vivere meglio e spendere meno in bolletta. Di questo passo il nostro Paese rischia di perdere una partita importante in termini di efficientamento del patrimonio edilizio e di obiettivi climatici da raggiungere, ma anche di opportunità legate alla creazione di nuovi posti di lavoro e di sostegno alle imprese del settore.

La mancata inclusione della direttiva EPBD nella legge di delegazione europea mette seriamente a rischio il rispetto della scadenza del primo piano attuativo prevista per dicembre 2025 e della versione finale entro maggio 2026. Un ritardo che potrebbe portare all’apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Un fatto ancora più grave che, alla luce delle precedenti dichiarazioni di vari esponenti del Governo che intendono tornare in Europa per chiedere modifiche dell’intera direttiva, rischia di lasciare le famiglie dipendenti dal gas fossile, responsabile dell’alto costo energetico.

Serve un maggior senso di responsabilità

Per questo al Governo Meloni chiediamo un maggiore senso di responsabilità ricordando che la direttiva “Case Green” è un provvedimento fortemente voluto dall’Unione Europea proprio per ridurre le emissioni di gas serra nel settore edilizio e migliorare l’efficienza energetica degli edifici, facendo in modo che i cittadini possano ridurre le spese energetiche e quindi le bollette, oltre a contrastare in maniera strutturale la povertà energetica.  L’Italia su questo dovrebbe dare il buon esempio accelerando la decarbonizzazione del settore edilizio e definendo al più preso un piano nazionale di riqualificazione edilizia che metta al centro la riqualificazione energetica, la ristrutturazione e la rigenerazione urbana per migliorare la classe energetica degli edifici come chiede l’Europa e su cui non sono ammessi più ritardi”, così Arse, Coordinamento FREE, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, WWF commentano la notizia visti anche gli obblighi climatici che  Stati e aziende devono rispettare e che sono stati ribaditi dalla   Corte Internazionale di Giustizia. Peraltro, anche in Italia, a seguito dell’ordinanza della Cassazione nel caso Greenpeace e ReCommon, è finalmente possibile chiedere giustizia climatica e portare le aziende inquinanti in tribunale per risponderne.

Secondo alcune stime, in Italia si dovrà intervenire complessivamente su oltre 9,7 milioni di edifici oggi in classe E, F o G. Parliamo di oltre il 75% del patrimonio edilizio residenziale, che consentirebbe una riduzione delle emissioni di CO2 di oltre 14 milioni di tonnellate.  Inoltre, le associazioni ricordano che la direttiva prevede per gli edifici residenziali una riduzione dei consumi, rispetto al 2020, di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. E che il 55% di questa riduzione deve avvenire coinvolgendo il 44% degli edifici nelle peggiori classi energetiche.

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