Il dibattito sul Ponte sullo Stretto di Messina è “surreale” perché prescinde dalla realtà e supportato dell’enfasi della comunicazione politica che crea aspettative ed illusioni e non da corrette analisi sul rapporto costi benefici. Questa potrebbe essere la sintesi dell’affollato convegno (trasmesso anche in diretta Facebook) svoltosi ieri pomeriggio a Villa San Giovanni e organizzato dalle associazioni Greenpeace, Legambiente, LIPU, WWF e dal Comitato No Ponte di Capo Peloro.
Il convegno
Oltre 4 ore di riflessioni serrate divise in due sessioni: la prima di carattere giuridico e tecnico, introdotta da Gaetano Benedetto, presidente del Centro Studi WWF e animata dagli interventi di Giorgio Berardi Consigliere Nazionale LIPU, Domenico Gattuso, Docente ingegneria dei trasporti Università Mediterranea, Domenico Marino, Docente Economia politica Università Mediterranea, Aurora Notarianni, avvocato, Paolo Nuvolone, ingegnere e Anna Parretta, Segreteria Nazionale Legambiente.
La seconda più di carattere politico coordinata dalla Sindaca di Villa San Giovanni Giusy Caminiti e che ha visto la presenza del Sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, del Sindaco di Campo Calbro Sandro Repaci, del Segretario Nazionale FILT CGIL Amedeo D’Alessio, dell’antropologo Giovanni Cordova in rappresentanza del Movimento No Ponte, oltre che del deputato di Alleanza Verdi Sinistra e co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli, degli Eurodeputati Annalisa Corrado del PD e Pasquale Tridico del Movimento 5 Stelle, entrambi in collegamento da Bruxelles.
Il dirottamento dei fondi
I temi del rispetto delle comunità locali, della condivisione dei valori identitari del territorio, del benessere che deve essere garantito innanzi tutto da servizi funzionali e necessari alla vita quotidiana sono stati diversamente trattati da tutti i partecipanti, soprattutto in relazione all’enorme costo del Ponte rispetto le infinite carenze che costituiscono il vero divario tra questi territori ed altri del Paese.
In particolare, il Sindaco Falcomatà ha evidenziato come la destinazione al Ponte dei fondi di coesione mini pesantemente la possibilità di colmare questo gap. Riprendendo alcuni elementi di riflessione illustrati dalle Associazioni e dai tecnici intervenuti nella prima sessione dell’incontro, è stato evidenziato come né gli elaborati progettuali del Ponte né la nuova delibera del Governo che dichiara il Ponte necessario per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico analizzano correttamente il mercato del lavoro locale rendendo così impossibile ogni credibile stima delle reali prospettive occupazionali.
Le alternativa ignorate
Documenti alla mano il Governo è stato smentito sul fatto che non esistano alternative possibili alla scelta progettuale che si sta facendo: in particolare più relatori hanno ricordato le conclusioni a cui era arrivato il gruppo di lavoro del Governo Draghi che sostenne la possibilità di un ponte a più campate con un tracciato più lungo ma più prossimo a Messina, quindi più stabile, meno imponente e quindi meno impattante.
Più relatori hanno poi evidenziato come i numeri a sostegno del Ponte siano frutto di scelte discutibili se non dannose, come quella dell’abolizione del sistema dei traghetti ed aliscafi. È stato ricordato che questo settore assorbe attualmente circa 1.400 lavoratori, oltre alla manutenzione delle navi che occupa circa altri 700 lavoratori oltre agli addetti ai servizi per una stima complessiva di 2.200 persone che sarebbe quasi impossibile riconvertire in caso di soppressione del traghettamento.
A fronte di questo dato reale le promesse occupazionali del Ponte si basano su considerazioni “surreali” come quella per cui il principale deterrente attuale sarebbe l’insularità della Sicilia ed è stato a tale proposito ricordato che la Calabria, certamente connessa al ‘Continente’, ha un PIL inferiore alla Sicilia ed ha il peggiore indice welfare d’Italia. Il tema del PIL è stato poi trattato anche in relazione ad altri due argomenti con cui sono state contestate le cifre riportate nel recente atto del Governo sulla necessità imperativa di costruire il Ponte.
I costi che salgono
Nelle analisi prodotte manca una riflessione sui fenomeni sociali legati alla criminalità ed all’illegalità che sono la causa vera del condizionamento economico dei territori siciliani e calabresi. Sempre nelle analisi non ci sono considerazioni sul rapporto debito pubblico e PIL e quindi si prevede la realizzazione del Ponte interamente a carico delle risorse pubbliche senza alcuna certezza economico finanziaria.
Il dato certo è che quando il Governo Monti nel 2012 ha fermato l’opera il debito pubblico secondo EUROSTAT era del 127% mentre oggi è salto al 135,3%.
Il convegno nella prima sessione tecnica aveva illustrato tutte le questioni ambientali e strutturali non risolte al di là di ogni dichiarazione tranquillizzante dei proponenti, a dimostrazione di ciò sono state illustrate le prescrizioni della Commissione VIA – VAS che sono molto di più di una mera richiesta di integrazione progettuale e dimostrano una carenza di analisi tale da giustificare più ricorsi al TAR per l’irragionevolezza del parere positivo rilasciato.
Il contenzioso con l’Unione Europea
Il convegno è servito anche per fare il punto sul contenzioso che si è aperto con l’Unione Europea a seguito dei reclami presentati dalle Associazioni Ambientaliste. Sono state analizzate le prossime tappe ed è stato ricordato che se la procedura in corso relativa alla dichiarazione di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico è stata obbligatoriamente avviata perché la Commissione VIA-VAS ha attestato la certezza degli impatti ambientali e pertanto la necessità di procedere in deroga rispetto ai vincoli di tutela presenti sulle aree dello Stretto.
Ma gli argomenti a sostegno di tale dichiarazione sono talmente discutibili che il Governo ha dovuto accampare motivi in ordine alla sicurezza militare (mai avanzati prima e mai sollevati dalla NATO rispetto al Ponte) proprio per trovare un argomento di esclusiva competenza su cui l’Unione Europea non avrebbe titolo per intervenire. In realtà, la proceduta avviata necessita di supportare tale dichiarazione dalla dimostrazione dell’assenza di alternative (ed è stato dimostrato che non è così) e comunque da interventi di compensazione ambientale che non si sa come potranno essere definiti, visto che su prescrizione della Commissione sono stati disposti studi di almeno un anno su specie ed habitat prioritari.