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Olio di palma, il grasso tropicale che dimagrisce le foreste

Che relazione esiste tra oranghi, tigri, biscotti e deforestazione? Apparentemente nulla: in realtà c’è un filo rosso nascosto tra alcune delle specie simbolo del nostro pianeta e i ‘simboli’ della nostra alimentazione quotidiana, come merendine, biscotti snack, crackers…

Che relazione esiste tra oranghi, tigri, biscotti e deforestazione? Apparentemente nulla: in realtà c’è un filo rosso nascosto tra alcune delle specie simbolo del nostro pianeta e i ‘simboli’ della nostra alimentazione quotidiana, come merendine, biscotti snack, crackers e gelati. E’ l‘olio di palma’, un ingrediente contenuto nella quasi totalità dei prodotti da forno confezionati e praticamente sconosciuto a tutti perché indicato genericamente come ‘olio (o grasso) vegetale, ma il più usato al mondo  con un consumo che cresce anno dopo anno.  La palma (Elaeis guineensis) da cui si estrae questo olio è coltivata soprattutto in Indonesia e Malesia: questi soli due paesi producono circa l’ 87 %  di tutto l’olio di palma usato nel mondo. Questo grasso  è, infatti, responsabile della distruzione di molti ambienti di foresta tropicale e attualmente costituisce una delle cause principali di scomparsa  delle ultime foreste dell’isola di Sumatra (Indonesia) dove vivono oranghi, elefanti e tigri e rinoceronti, tutte specie ridotte a poche centinaia di esemplari in una manciata di decenni. Questo avviene su un territorio che, fino poco tempo fa, era per lo più una foresta tropicale vergine, uno scrigno verde ricchissimo di biodiversità. Se ancora 50 anni fa, l’82% dell’Indonesia era coperta da foreste, già nel 1995 la percentuale era scesa al 52%: e al ritmo attuale, entro il 2020, le foreste indonesiane (tra le maggiori al mondo per estensione insieme a quelle dell’Amazzonia e del bacino del Congo) saranno definitivamente distrutte e con loro andranno perduti anche tutti quei servizi ecosistemici cruciali per la sopravvivenza delle popolazioni locali e della stessa biodiversità.
Le occasioni in cui consumiamo olio di palma sono innumerevoli: dai cereali croccanti, ai biscotti o merendine confezionati a colazione, dallo snack con crackers di metà mattina, al panino del pranzo, al gelato confezionato di metà pomeriggio, fino al dolce industriale che può chiudere una cena.

Il richiamo viene fatto dal WWF alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Alimentazione insieme ad un’intensa  campagna globale sui Social media per sensibilizzare i consumatori sul tema dell’olio di palma e incoraggiare l’approvvigionamento responsabile dell’olio di palma da parte delle aziende.

La buona notizia per i consumatori e per l’ambiente è che se l’olio di palma è stato fino ad oggi un ingrediente “segreto”, da dicembre di quest’anno la normativa europea (Regolamento (UE) n.1169/2011) obbligherà l’indicazione in etichetta di tutti i singoli oli presenti nell’alimento.  Tanto l’olio di palma è sconosciuto quanto è usato: circa l’80% di tutto l’olio di palma prodotto viene utilizzato nell’industria alimentare. Sugli scaffali dei supermercati si trovano biscotti per la colazione, merendine e snack con una quantità di burro (se presente) pari all’1-2%, affiancata da una consistente quantità di “grassi vegetali” che nel 90% dei casi è costituita da olio e grasso di palma.

 “Se ciascun consumatore avesse la possibilità di attraversare gli scenari desolanti delle foreste che bruciano per far posto alle coltivazioni di olio di palma, se ciascuno di noi affrontasse un viaggio tra i fumi degli incendi che tagliano il respiro e avvolgono perennemente quello che rimane delle foreste del Borneo o di Sumatra,  rimarrebbe talmente scioccato da non voler più consumare olio di palma responsabile di tanta distruzione. Poiché la domanda di prodotti alimentari aumenterà nei prossimi decenni, inevitabilmente aumenterà di conseguenza l’impatto sulle risorse naturali del Pianeta e l’olio di palma è uno degli imputati principali. 
L’industria alimentare faccia la sua parte eliminando l’olio di palma insostenibile dai suoi prodotti sostituendolo con olio di palma prodotto responsabilmente e sta a noi consumatori scegliere consapevolmente- ha dichiarato Isabella Pratesi, Responsabile del programma di Conservazione Internazionale del WWF Italia”.

“Grande quanto questa sfida, è il potenziale per migliorare la produzione di quelle commodity che hanno l’impatto più significativo sui luoghi e le specie che il  WWF mira a  tutelare. La responsabilizzazione deve riguardare tutta la filiera produttiva, dai produttori, ai distributori, ai consumatori finali, a noi tutti. – dichiara Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia – Fondamentale è il ruolo del settore privato nella fase di acquisto delle materie prime e più che mai urgente è garantire una svolta incisiva al mercato per contribuire alla riduzione degli impatti ambientali e all’arresto dei processi di deforestazione in corso. Non è quindi un caso che il WWF è tra i fondatori della Natural Capital Coalition nata proprio con lo scopo di mettere la valutazione del capitale naturale nel mondo del business e sottolineare come senza ecosistemi sani e resilienti non può esistere benessere e sviluppo per le società umane” .
In quest’ottica, WWF chiede con forza alle aziende utilizzatrici di olio di palma di agire con responsabilità impegnandosi a raggiungere entro il 2015 il 100% di approvvigionamento di olio di palma certificato secondo i criteri della Roundtable on Sustainable Palm Oil (la tavola rotonda sull’olio di palma sostenibile), quale primo importante passo verso una maggiore sostenibilità del mercato”.

Questa nuova iniziativa del WWF per un consumo responsabile di prodotti alimentari si inserisce nella roadmap di avvicinamento verso l’evento Expo Milano 2015, per il quale l’associazione é Civil Society Partecipant.

L’Indonesia tra il 2000 e il 2013 ha più che triplicato l’estensione delle coltivazioni di palma da olio, continuando a devastare il secondo patrimonio di foreste tropicali del pianeta: il risultato di questa deforestazione, delle azioni  realizzati per attuarla, il drenaggio massiccio e i metodi di coltivazione, in un paese che produce circa la metà dell’olio di palma venduto nel mondo, essendo passato da una produzione di circa 168.000 tonnellate nel 1967 ai 16,2 milioni di tonnellate nel 2006, si traduce anche nel  peggioramento della qualità delle acque confinanti con le piantagioni, con effetti di una portata non ancora chiara, finora sottovalutata e potenzialmente molto grave.
Quello che preoccupa è che crescono i piccoli produttori, le piccole piantagioni  che arrivano ad interessare anche le aree protette, ad erodere gli ultimi rifugi per elefanti e tigri, a troncare ogni collegamento tra le ultime aree forestali che possono ancora ospitare questi animali distruggendo gli ultimi corridoi si distrugge così anche la possibilità di interscambio tra le varie popolazioni animali destinandole ad un processo di estinzione più rapido. 

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