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2023, un anno a marcia indietro per clima e biodiversità

Nonostante le modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione, in Italia l'anno che si chiude è stato di segno negativo

Le modifiche alla Costituzione sono rimaste lettera morta

Un bilancio sulle scelte del governo italiano in materia di tutela ambientale
Il 2023 avrebbe dovuto essere un anno di svolta per le politiche ambientali del nostro Paese. Le premesse c’erano tutte grazie alla riforma della Costituzione, che nel febbraio 2022 ha modificato gli articoli 9 e 41 facendo entrare l’ambiente e la sua tutela tra i principi fondamentali della nostra Carta. Un passaggio giustamente definito “epocale”, “storico”, approvato con un consenso bipartisan (ad eccezione dell’astensione in vari passaggi di Fratelli d’Italia), ma che, ad oggi, non ha trovato applicazioni concrete né nell’azione del governo, né nell’attività legislativa del Parlamento. Il Governo ha dimostrato un vero e proprio disinteresse nei confronti dell’ambiente nonostante la riforma costituzionale lo abbia elevato a cardine del nostro tessuto istituzionale. Si può dire, anzi, che nell’ultimo anno si sia innestata una sostanziale marcia indietro nella quantità e nella qualità della protezione della Natura nel nostro Paese.

Passi indietro normativi e culturali

A inizio legislatura il WWF definì questo un “tempo essenziale” perché è ora il momento delle scelte concrete verso la sostenibilità se si vogliono rispettare gli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità da raggiungere entro il 2030.
E invece ci sono stati passi indietro normativi e culturali, resi ancora più preoccupanti da affermazioni e prese di posizione negazioniste del cambiamento climatico, oltre che attacchi al mondo dell’ambientalismo addirittura da parte di componenti dell’esecutivo e della compagine politica di maggioranza.
Ad aumentare la preoccupazione rispetto alla qualità della protezione ambientale interviene la corsa (poco nota al grande pubblico) verso l’Autonomia differenziata, che rischia di frammentare e rendere non omogenea proprio la tutela del nostro Capitale Naturale che è un patrimonio di tutti i cittadini. Un patrimonio che la recente riforma della Costituzione impone di tutelare anche in funzione “delle generazioni future”.

Clima ed energia

Nell’anno che sarà presto dichiarato il più caldo mai registrato e in cui eventi climatici estremi, come violente alluvioni e lunghi periodi di siccità, hanno colpito l’Italia, il nostro Paese non sta giocando un ruolo attivo nella transizione ecologica e nell’economia del futuro. Uscire da tutti i combustibili fossili è inevitabile, ma il ministro Pichetto Fratin continua a parlare di nucleare e “biocarburanti”, mentre il Governo sembra voler seguire le strategie dilatorie delle compagnie Oil&Gas partecipate, piuttosto che occuparsi concretamente della loro riconversione. Ancora oggi la bozza di aggiornamento del Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) continua a valorizzare gas naturale, biocombustibili e persino l’energia nucleare, mostrandosi totalmente incoerente con gli obiettivi e le tempistiche della transizione energetica ed ecologica.
I grandi assenti? Una legge per il clima, necessaria per incardinare la sfida della crisi climatica nella legislazione: il WWF e le maggiori associazioni ambientaliste hanno proposto un testo accolto positivamente dall’Intergruppo parlamentare sul cambiamento climatico: ora tocca al Parlamento (e al Governo) agire conseguentemente. Va inoltre approvato un PNIEC che risponda ai rilievi della Commissione Europea e che, soprattutto, sia un volano per la transizione, assicurando la piena partecipazione della società civile. Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici non è stato ancora adottato, così come il decreto per le Aree idonee per le rinnovabili e i decreti attuativi delle Comunità energetiche. Si attende anche il Testo unico sulle Rinnovabili.

Biodiversità

Nella lotta alla perdita di biodiversità, Governo e Parlamento hanno veramente deluso! Sono tantissimi gli atti e i provvedimenti adottati contro la fauna e la natura in generale. E sul tema il Ministro dell’Ambiente appare sempre più marginalizzato rispetto al Ministro dell’Agricoltura.
Nella Legge Finanziaria dello scorso anno è stato inserito, senza alcuna logica e senza criterio l’emendamento “caccia selvaggia” che permette di sparare in parchi, aree protette e città a tutti gli animali, in qualsiasi periodo dell’anno. Si è poi ricostituito il Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Nazionale, qualificandolo come “la sede tecnico-scientifica più idonea ad affrontare le problematiche connesse alla gestione venatoria della fauna selvatica omeoterma”, ma in realtà facendone un organismo condizionato dalla lobby dei cacciatori con 1 solo rappresentante di ISPRA su 17 componenti (con larga partecipazione di soggetti legati al mondo venatorio).
Il Governo delude anche in Europa, dove per due volte ha votato contro l’approvazione della Nature Restoration Law, la legge che prevede il ripristino del 20% degli ecosistemi terrestri e marini entro il 2030.
La tragica vicenda di Amarena, la femmina di orso bruno marsicano uccisa a fucilate in Abruzzo, ha mostrato poi quanto sia necessario informare sul valore della fauna selvatica e del nostro patrimonio di biodiversità, ma anche quanto sia indispensabile rafforzare le pene per chi commette reati del genere e che oggi rischia una multa o poco più.
L’Italia, inoltre, si appresta ad entrare nel 2024 senza ancora una Strategia operativa per la conservazione della biodiversità 2020–2030, rischiando così che anche il decennio in corso fallisca nell’obiettivo di fermare la drammatica perdita di biodiversità che riguarda il nostro Paese e l’intero Pianeta.
A colmare il vaso, va poi ricordato il completo stallo dell’Italia nell’individuazione delle aree per lo sviluppo della protezione che dovrebbe andare a coprire, entro il 2030, il 30 % del nostro territorio a terra e a mare.

Suolo e grandi opere

È tornata la grande bufala del Ponte sullo Stretto: opera dal costo elevatissimo e ingiustificato (14,6 miliardi di euro, quasi un punto di PIL), senza VIA e di cui non è stata ancora dimostrata la costruibilità. Nel frattempo, il trasporto pubblico viene sempre più penalizzato e restiamo indietro sugli investimenti necessari per contrastare il dissesto idrogeologico e la cementificazione del suolo.
I grandi assenti? La legge sul consumo di suolo. Mentre la mancata proroga del Superbonus 110% nel 2024 ha abolito uno strumento importante per assicurare interventi di efficientamento energetico.
Plastica
Anche sul tema degli imballaggi monouso, l’Italia ha scelto di andare contro l’obiettivo europeo di ridurre gli imballaggi e l’usa-e-getta.

Agricoltura e allevamento

L’Italia vieta la produzione e l’immissione sul mercato della cosiddetta “carne colturale”, bloccando così la ricerca e generando interferenze con le competenze dell’Unione Europea.
Decisiva in questa scelta, l’opposizione del mondo agricolo, a iniziare da Coldiretti, che ugualmente si è opposto allo sviluppo di strategie per la conservazione della natura a livello europeo come la Restoration Law e il Regolamento Europeo per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.
Non può non essere messo in evidenza il rinnovo che viene concordato all’utilizzo per ulteriori 10 anni del Glifosato uno dei pesticidi più diffusi e discussi. Anche il 2023 si chiude inoltre senza che l’Italia abbia approvato il Piano Pesticidi, scaduto nel 2019. In questo modo una delle peggiori minacce alla biodiversità, ovvero l’uso di chimica nociva in agricoltura, continua a procedere indisturbata.

Mare

Provvedimento “sblocca-trivelle”, rilancio della presenza e dell’attività delle piattaforme offshore di estrazione degli idrocarburi, scardinando vincoli normativi a tutela dell’ambiente, delle popolazioni costiere e dell’economia del mare.
Grandi assenti? I decreti attuativi della Legge Salvamare,senza i quali questa legge continua a essere una scatola vuota. L’Italia è in procedura di infrazione per la mancata implementazione di un Piano di Gestione dello Spazio Marittimo (PGSM) la cui deadline era prevista per il 31 marzo 2021. Il WWF Italia, insieme a LIPU, Greenpeace e Marevivo, ha inviato già 3 richieste di partecipazione al processo PSM ai Ministeri competenti (MIT e MASE) senza ricevere alcuna risposta. Nelle proposte di PGSM, oltre a non essere stati adeguatamente considerati i cambiamenti climatici, non sono nemmeno state individuate le aree idonee dove poter sviluppare impianti di energia rinnovabile offshore. Il non aver definito ancora queste aree implica una serie di ritardi (e danni ambientali e socioeconomici annessi) tra cui l’implementazione del network di protezione marina, come richiesto dall’UE, ancora lontana dalla protezione efficace del 30% dei suoi mari richiesta dalla Strategia Europea per la Biodiversità al 2030: le aree marine protette e siti Natura 2000 ricoprono una superficie di poco più dell’11% delle acque territoriali, di cui meno dello 0,1% protetto in modo integrale. L’Italia è inoltre in procedura di infrazione anche per la mancata definizione delle misure di conservazione di diversi Siti Natura 2000 marini. Nonostante ciò, il nostro Paese non ha ancora presentato alla Commissione Europea i propri impegni e la propria roadmap per arrivare al 30% di mare protetto (impegni che avrebbero dovuto essere presi entro il 2022).
Va poi seguita con attenzione l’implementazione del Piano del Mare che si propone di dare un indirizzo strategico per lo sviluppo e potenziamento delle attività marittime dell’Italia: la crescita Blu auspicata dal Piano non può andare a scapito delle risorse marine già duramente colpite.

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