Trasformare i nostri sistemi agroalimentari è oggi fondamentale per affrontare le più grandi sfide che l’umanità deve gestire, tra cui il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’insicurezza alimentare e i rischi di future pandemie. Per supportare la transizione ecologica dei sistemi alimentari, esistono molti approcci e modelli di riferimento diversi di agricoltura. Tra questi il modello dell’agricoltura rigenerativa, di cui recentemente in molti dichiarano di avvalersi nel loro percorso verso un approccio agroecologico.
Per questo il WWF ha organizzato oggi un convegno, presso la sede del Parlamento europeo a Roma, per presentare la propria idea di agricoltura rigenerativa nell’ambito della Visione al 2040 dell’agricoltura e dell’alimentazione presentata dalla Commissione UE il 19 febbraio scorso e per contribuire al dibattito pubblico sulla giusta transizione ecologica dell’agricoltura, fornendo informazioni utili per distinguere gli approcci coerenti con l’agroecologia da pratiche scorrette di “greenwashing”.
Il report WWF
La visione del WWF per un’agricoltura rigenerativa coerente con i principi dell’agroecologia è presentata all’interno della campagna Our Future con il report“Agricoltura rigenerativa. Cos’è, cosa non è e come metterla in pratica” lanciato oggi in occasione del convegno. L’attuale sistema alimentare globale è responsabile di un oltre un terzo dei gas serra, dell’90% della deforestazione tropicale, di oltre l’80% della perdita di biodiversità ed è collegato a un drammatico aumento del rischio di malattie zoonotiche.
Per proteggere e ripristinare la natura, fondamento stesso della nostra sopravvivenza, dobbiamo trasformare radicalmente i nostri sistemi agroalimentari. Sebbene gli impatti si verifichino lungo l’intera filiera alimentare, le pressioni più dirette sul nostro capitale naturale si verificano a livello della produzione.
Una tappa verso modelli agroalimentari più sostenibili
Per il WWF l’agricoltura rigenerativa può essere considerata come una tappa del processo trasformativo dei sistemi agroalimentari verso modelli più sostenibili, un processo che può essere graduale o repentino restando funzionale a una giusta transizione ecologica dell’agricoltura. Diventa “greenwashing” quando l’uso del termine “rigenerativo” è utilizzato, in modo fuorviante, per mascherare pratiche agricole dannose per l’ambiente e le persone.
Vari approcci all’agricoltura rigenerativa si focalizzano sulla dimensione ambientale della sostenibilità, che include temi come migliorare e potenziare la salute del suolo, ottimizzare la gestione delle risorse, alleviare il cambiamento climatico, migliorare il ciclo dei nutrienti e la qualità e la disponibilità dell’acqua. Pochi approcci all’agricoltura rigenerativa comprendono anche una dimensione socioeconomica per migliorare la salute umana e migliorare la prosperità economica delle comunità rurali.
L’agricoltura rigenerativa secondo il WWF
Per il WWF l’agricoltura rigenerativa si basa sul ripristino e la conservazione della salute del suolo, con l’obiettivo di migliorare e supportare il mantenimento di molteplici servizi ecosistemici – di approvvigionamento, regolamentazione e supporto – contribuendo così al miglioramento non solo ambientale, ma anche sociale ed economico della produzione agroalimentare. La sfida che ci attende consiste nel rendere i sistemi agroalimentari più resilienti ed efficienti, senza oltrepassare la capacità di carico degli ecosistemi e del pianeta, così da soddisfare i bisogni alimentari e nutrizionali delle generazioni presenti e future.
Le richieste del WWF
Ciò richiede un cambiamento di paradigma: dalla massimizzazione della produzione a spese della natura all’agricoltura “Nature positive” basata sulla biodiversità. In questo contesto, il WWF propone i principi guida per promuovere una vera agricoltura rigenerativa in Europa:
1) ridurre al minimo l’alterazione fisica, biologica e chimica del suolo con la minima lavorazione, vale a dire ridurre le lavorazioni del terreno fino alla semina diretta sul terreno sodo;
2) ampie rotazioni e ricche consociazioni;
3) mantenere il suolo coperto da vegetazione o altro materiale naturale con colture di copertura, vale a dire piante coltivate da inserire tra una coltura principale e l’altra;
4) aumentare la biodiversità di specie vegetali e animali in superficie e microbiche nel suolo;
5) uso di biostimolanti, anche di autoproduzione aziendale;
6) integrare animali e le piante all’interno dell’azienda agricola, ad esempio tramite allevamento estensivo con pascolo turnato agroforestry e compostaggio;
7) forte riduzione dei prodotti chimici di sintesi (pesticidi e fertilizzanti).
Tutto questo per raggiungere gli obiettivi di miglioramento della salute del terreno, di miglioramento della qualità degli alimenti prodotti, di mantenimento del reddito aziendale, di riduzione degli impatti sulle risorse a partire dalla emissione dei gas serra.
Servono criteri anti-greenwashing
Il WWF crede fermamente che gli approcci agroecologici siano fondamentali per raggiungere una produzione su larga scala rispettosa della natura. L’agricoltura rigenerativa, insieme a quella biologica, offre un’alternativa concreta e sostenibile ai modelli agricoli tradizionali e degenerativi.
Tuttavia, questi approcci innovativi devono essere protetti dal rischio di greenwashing, spesso alimentato da visioni parziali e fuorvianti proposte da chi si oppone al cambiamento reale. Purtroppo ancora oggi non esiste un sistema di certificazione agroecologica che permetta ai consumatori di riconoscere i prodotti provenienti da agricoltura rigenerativa, per questo il WWF ritiene fondamentale definire criteri condivisi per una certificazione standard della sostenibilità delle filiere agroalimentari a livello europeo.
Il convegno del WWF sull’agricoltura rigenerativa è stato organizzato come tappa della “Carovana dell’Agroecologia” promossa da AIDA (Associazione Italiana di Agroecologia), in preparazione del Congresso di Agroecologia del Mediterraneo che si terrà ad Agrigento dal 9 al 12 giugno.