La Shell ha annunciato che intende riprendere le ricerche petrolifere al largo delle coste dell’Alaska. La compagnia aveva sospeso le sue operazioni di perforazione nel 2013 dopo le disavventure del 2012, con il naufragio della piattaforma petrolifera Kulluk vicino all’isola di Kodiak in Alaska. Secondo il WWF, la Shell sta facendo tentativi di perforazione in Artico nonostante la mancanza di tecnologie di sicurezza collaudate, e in assenza di strumenti efficaci e tecniche affidabili per le operazioni di bonifica in acque gelide. “La minaccia di fuoriuscite di petrolio mette a rischio i mari artici dell’Alaska e le persone che dipendono da loro”, accusa Margaret Williams , direttore del Programma Artico del WWF USA . “Dopo la catena di incidenti ed errori durante la prima campagna esplorativa artica, queste notizie destano serie preoccupazioni”. Gli effetti di una “marea nera” nell’Artico sono purtroppo noti: basti ricordare le conseguenze del disastro della Exxon Valdez, nel 1989.
La Norvegia, nel frattempo, ha continuato a perforare, nel suo ultimo turno di licenza. “Il 2015 deve rappresentare l’anno in cui persone e governi di tutto il mondo si uniscono per porre le basi ad un accordo globale sul clima, per lasciare ai nostri figli un mondo sicuro. La decisione di estrarre combustibili fossili dal mare Artico, “casa” di orsi polari, trichechi, balene, uccelli marini e altri animali selvatici, luogo dove condizioni meteorologiche estreme – burrasche, venti e lunghi periodi di buio – rendono le operazioni e la risposta a eventuali incidenti estremamente difficili, è davvero un passo indietro” conclude Williams.
Ma dall’Artico giungono notizie buone e cattive. Nei giorni scorsi il governo americano ha annunciato che l’Arctic National Wildlife Refuge in Alaska viene definitivamente chiuso a petrolio e petrolieri . Circa 12 milioni di acri dell’ANWR, quasi 5 milioni di ettari, rifugio di orsi polari, caribù e centinaia di specie di uccelli, diventeranno presto una zona di “wilderness” , con divieti alla costruzione di strade e di altre infrastrutture industriali, trivellazioni petrolifere comprese. Anche una vasta area del mare d’Alaska sara’ vietato alle trivelle. Questo dopo avere gia’ chiuso alle trivelle a Bristol Bay qualche settimana fa. Peccato che due giorni dopo l’amministrazione americana ha reso noto un piano a lungo termine di esplorazioni in mare alla ricerca di petrolio e gas, includendo aree artiche sempre nella zona dell’Alaska, come i mari di Beaufort e Chukchi.
“La dipendenza dai combustibili fossili è una malattia che viene continuamente alimentata, e così facendo si ritarda il passaggio verso un’economia a carbonio zero, pur avendo a disposizione le tecnologie e il sapere per farlo in tempi rapidi – dichiara Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia– La Shell pochi giorni fa aveva addirittura accolto una mozione di alcuni azionisti che proponevano di subordinare i progetti della multinazionale a politiche per combattere il cambiamento climatico. In Artico, poi, si mettono a rischio ambienti molto delicati e di grande valore naturalistico. Non si può continuare a dare un colpo al cerchio e cento alla botte, occorre fare delle scelte e operare con coerenza. Solo così si potrà vincere la minaccia del cambiamento climatico”.
Artico, la Shell annuncia la ripresa delle attività petrolifere
La Shell ha annunciato che intende riprendere le ricerche petrolifere al largo delle coste dell’Alaska. La compagnia aveva sospeso le sue operazioni di perforazione nel 2013 dopo le disavventure del 2012, con il naufragio della piattaforma petrolifera Kulluk…