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Caccia al cinghiale nell’Oasi? No, grazie

Ancora una volta l’Oasi è stata invasa dai cani dei cacciatori al cinghiale creando il panico tra gli animali e le persone presenti nella riserva naturale. Non è l’unico episodio, ma ormai un metodo sistematico di circondare la…

Ancora una volta l’Oasi è stata invasa dai cani dei cacciatori al cinghiale creando il panico tra gli animali e le persone presenti nella riserva naturale. Non è l’unico episodio, ma ormai un metodo sistematico di circondare la riserva e Oasi del WWF spingendo i cani all’interno, nella speranza di far uscire gli animali braccati.
E’ questo il metodo scelto dalle amministrazioni per gestire il cinghiale? Tollerare questi episodi noti a tutti e che mettono a rischio, non solo la biodiversità delle aree protette, ma anche la vita delle persone che nelle riserve ci vivono, ci lavorano o le frequentano per piacere, contribuendo ad una economia fondamentale soprattutto per le realtà dell’entroterra maremmano.
“Il problema dell’aumento dei cinghiali in Italia è stata la sua mal gestione venatoria – sottolinea Fabio Cianchi, Coordinatore Oasi WWF della provincia di Grosseto – e non è certo con l’affidamento a queste persone che si possa contenerne il numero. Oggi non solo la popolazione dei cinghiali è in aumento, ma si continua ad inficiare anche il ruolo delle riserve naturali, nate per fare conservazione, e non per cacciare. I cinghiali che sono stati spinti nella riserva di Rocconi da branchi di cani, non solo possono creare problemi al delicato equilibrio dell’area protetta, ma essere inconsapevolmente origine di incidenti per i visitatori e per il personale. Mentre gli organi di controllo sono ridotti ai minimi termini, c’è purtroppo chi se ne approfitta: ma chi si assumerà la responsabilità in caso di incidenti? Non è più ammissibile la tolleranza di questi comportamenti da parte di cacciatori incoscienti”. 
Il WWF fa appello al Prefetto affinché garantisca l’incolumità delle persone all’interno delle aree protette.

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