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Caffe’ amaro per la biodiversita’

C’è tanta, troppa natura sacrificata in molti prodotti di largo consumo, alcuni dei quali tipicamente italiani, come il caffè: l’80% della deforestazione mondiale è, infatti, è dovuta alla necessità di fare posto ai pascoli per la produzione di…

C’è tanta, troppa natura sacrificata in molti prodotti di largo consumo, alcuni dei quali tipicamente italiani, come il caffè: l’80% della deforestazione mondiale è, infatti, è dovuta alla necessità di fare posto ai pascoli per la produzione di carne, alle piantagioni di soia e olio di palma richiesti dai Paesi occidentali che consumano e sprecano sempre di più. I consumi dell’Europa sono responsabili del 10% della deforestazione globale, che avviene prevalentemente al di fuori dei confini dell’UE, e il nostro Paese ha un’alta responsabilità visto che siamo un tradizionale importatore di materie prime provenienti dalle foreste: non solo legname, ma anche carni, soia, olio di palma, caffè, cacao, cuoio, e altro ancora, tutti prodotti ad alto ‘contenuto’ di deforestazione.

Lo svela il nuovo report del WWF lanciato oggi dal titolo Quanta foresta avete mangiato, usato o indossato oggi?” dove gli esempi della deforestazione ‘incorporata’ in molti dei beni di consumo evidenziano i link nascosti tra la perdita impressionante di foreste e i nostri gesti quotidiani: negli ultimi 30 anni sono stati deforestati 420 milioni di ettari di terreni,  più o meno quanto la superficie dell’intera Unione Europea, gran parte dei quali in aree tropicali. Ogni anno vanno persi circa 10 milioni di ettari a causa della conversione di foreste in terreni agricoli. Un danno enorme sia per la biodiversità, visto che circa l’ 80% delle specie animali e vegetali terrestri del Pianeta vive nelle foreste, sia per gli effetti drammatici sui cambiamenti climatici: la perdita di foreste amplifica la crisi climatica a causa delle elevatissime quantità di carbonio che vengono rilasciate  e a causa delle perdita della regolazione del sistema climatico nel suo complesso.

CAFFÈ AMARO PER LA BIODIVERSITÀ  

Nel mondo si bevono circa 2,5 miliardi di tazze di caffè al giorno e l’Italia è il paese simbolo di questo rito quotidiano. L’Europa (che rappresenta il 33% del consumo globale di caffè) è il più grande mercato del caffè al mondo. Il fatto che nei prossimi decenni la produzione di caffè potrebbe diventare un driver sempre più importante di deforestazione è dovuto all’aumento della domanda e al crescente impatto dei cambiamenti climatici: la produzione di caffè dovrà triplicare entro il 2050 per soddisfare la richiesta globale, ma ancora oggi il 60% dell’area idonea a coltivare caffè è coperta da foreste. Infatti, se un tempo il caffè si coltivava ai margini degli ambienti forestali, oggi si abbattono alberi per produrre, in enormi aree esposte al sole, i preziosi chicchi. Tutto questo avrà gravi conseguenze per specie già a rischio estinzione, come la tigre di Sumatra: l’Indonesia, dove vive questa specie, è infatti uno dei maggiori esportatori di caffè (insieme a Messico, Colombia, Vietnam e Brasile). Inoltre, a causa del cambiamento climatico, il 50% delle aree coltivate a caffè saranno inadatte alla produzione entro il 2050 spingendo le coltivazioni verso altitudini più elevate, minacciando la scomparsa di foreste preziose. Il futuro di queste foreste e specie grava anche sulle spalle dell’Italia, visto che ogni anno consumiamo in media 6 kg di caffè a testa. L’appello del WWF, per ridurre i nostri impatti, è quello di preferire caffè proveniente da aziende certificate, anche se al momento solo il 20% delle aziende agricole sono certificate. 

UN GIAGUARO NELLA BISTECCA

Dal 1950 ad oggi la produzione di soia è aumentata globalmente di 15 volte a causa dell’aumento del consumo di carni e derivati animali. Il 97% delle farine di soia finisce nei mangimi animali. Ecco perché la soia è il secondo maggiore driver di deforestazione al mondo dopo l’allevamento di bovini. Il Brasile è il maggiore produttore al mondo di soia. Un quinto della soia importata in UE dal Brasile (prodotta in Amazzonia e Cerrado) è legata a deforestazione illegale. A livello globale, la coltivazione di soia sta devastando alcuni dei più preziosi ecosistemi: Amazzonia,  Cerrado, Gran Chaco e Pantanal dove vive più del 10% di tutte le specie animali conosciute, tra cui il giaguaro. La domanda europea di soia è soddisfatta infatti al 95% dalle importazioni: il consumo di soia di un europeo è di 61 kg l’anno, di cui oltre il 90% proviene indirettamente dai mangimi destinati agli animali per ottenere carne, pesce, uova, yogurt, ecc. L’ Italia è il  3° maggiore importatore in UE di farina di soia: le importazioni italiane di soia hanno indotto una deforestazione media circa 16.000 ettari l’anno. È quindi importante diventare consumatori consapevoli riducendo il consumo di carne. 
  

L’AMAZZONIA NELLA BRESAOLA 

Un altro indiziato della deforestazione è un prodotto tipico della nostra gastronomia: la bresaola. Non tutti sanno che in Brasile una delle cause di deforestazione è legata all’allevamento dello zebù, una specie affine ai nostri bovini: cosce congelate di questo bovide possono diventare bresaola.  Non è una truffa (lo consente ad oggi il disciplinare di produzione) ma certamente non è noto che per produrre bresaola, talvolta anche in possesso della certificazione Igp, si possa utilizzare qualunque tipo di bovino, anche quello che di italiano non ha nulla e che viene allevato distruggendo la foresta amazzonica. 
Ricordiamoci che l’UE è il più grande mercato import/export di prodotti agroalimentari. Il 36% delle colture e dei prodotti di origine animale associati a deforestazione nei paesi di origine è destinato al mercato europeo e il 60% di questi proviene dal Brasile mentre il 25% dall’Indonesia.  
  

LA FORESTA NELLE SCARPE

Il pellame usato per realizzare scarpe, cinte e borse è un sottoprodotto dell’industria della carne bovina e come tale a rischio di deforestazione. In Italia, patria delle calzature e delle borse firmate, la materia prima predominante è il pellame, in particolare quello bovino che rappresenta il 70% delle materia prima utilizzata dall’industria conciaria. Il Brasile esporta l’80% delle pelli bovine che produce (40,7 mln di pelli in dieci anni). L’UE acquista 80.500 tonnellate di pelle dal Brasile – circa il 20% dell’import globale – gran parte delle quali ricavate da zone deforestate illegalmente. Per fermare questa distruzione il WWF indica l’acquisto di prodotti in pelle manufatti da aziende che investono in filiere trasparenti e forest-friendly, o meglio ancora, l’utilizzo di materiali alternativi.

“Dobbiamo fermare il processo di distruzione delle foreste più preziose: oggi il 40% della foresta pluviale  amazzonica ha già raggiunto il punto di non ritorno a causa di incendi e tagli incontrollati. La nostra responsabilità come consumatori è enorme e il percorso della certificazione di prodotti di largo consumo, così come la riduzione di alimenti dentro i quali si nasconde la deforestazione, a partire dalla carne bovina e dalla soia per mangimi, sono l’unica strada percorribile- ha dichiarato Isabella Pratesi, direttore conservazione di WWF Italia –. Dentro al granellino di soia o al chicco di caffè si può celare un disastro ambientale. È bene prenderne coscienza subito, considerando che molte delle nostre malattie hanno origine dalla distruzione degli ecosistemi, in primis quelli forestali, e dalla gestione insostenibile delle risorse naturali”.  

Oggi abbiamo la possibilità, unica e concreta, di frenare il terribile fenomeno della deforestazione. Una nuova legge dell’UE sui prodotti legati alla deforestazione potrà presto venire alla luce e per questo la Commissione Europea sta chiedendo ai cittadini europei di esprimersi su questa norma attraverso una consultazione pubblica. Oltre 1 milione di persone ha già partecipato alla campagna #Together4Forests per chiedere una legge europea contro la deforestazione. Firmando il modulo sulla pagina web wwf.it/together4forest ognuno potrà firmare e fare la sua parte.  
 
Per sostenere i progetti in difesa della biodiversità e in particolare delle foreste il WWF ha anche lanciato in questi giorni la Campagna natalizia “A Natale mettici il cuore” realizzata con Accenture Interactive: quest’anno il regalo consigliato è infatti l’adozione di una specie simbolo, dal gorilla al koala, specie  tra le tante che rischiamo di perdere per sempre senza il lavoro quotidiano e costante dei progetti di conservazione che il WWF porta avanti  in tutto il mondo. 

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