Pandanews

Il 2 settembre si apre la caccia in preapertura

Sarà possibile sparare anche a specie a rischio come la tortora selvatica nonostante i richiami della Commissione europea


Nella quasi totalità delle regioni italiane, domani, 2 settembre, sin dalle prime luci dell’alba il canto dei merli sarà bruscamente interrotto dal sordo rumore delle fucilate e dal sibilo dei pallini. Nonostante la legge n. 157/92, che tutela la fauna selvatica e disciplina la caccia, indichi la terza domenica di settembre come data di apertura generale della stagione venatoria, la cosiddetta preapertura, ovvero l’apertura anticipata della caccia prevista in via eccezionale dalla stessa legge, è ormai diventata la normalità, un regalo delle Regioni fanno ai cacciatori.
La preapertura rappresenta un grave problema sia per le specie dichiarate cacciabili, sia per quelle protette, se si considera che nel mese di settembre alcune sono ancora in fase di nidificazione e i cieli sono attraversati da migliaia tra falchi, cicogne, ma anche piccoli uccelli come le rondini, che dall’Europa si spostano in Africa per lo svernamento.
Gli impatti della caccia sono aggravati dai fenomeni catastrofici come alluvioni, siccità e incendi che si sono susseguiti tra la primavera e l’estate e che ancora stanno flagellando vaste aree del Paese distruggendo interi ecosistemi.
L’apertura della caccia porta inoltre con sé un aumento delle illegalità contro la fauna selvatica, come registrato ogni anno dai centri di recupero animali selvatici (CRAS).

Grazie agli avvocati del panda stop per Campania e Molise

Per queste ragioni anche quest’anno, il WWF è in prima linea, sia per bloccare i provvedimenti regionali illegittimi grazie al lavoro degli Avvocati del Panda, come è già successo in Campania e in Molise, sia per monitorare il territorio attraverso il prezioso impegno delle sue guardie volontarie.
La tortora selvatica è una delle specie nei confronti delle quali in molte regioni si potranno puntare i fucili sin dal 2 settembre. Questa specie negli ultimi anni ha subito un brusco declino dovuto, non solo alla distruzione degli habitat in cui nidifica, ma proprio alla caccia, legale e illegale. La Tortora è infatti una delle specie più ambite dai cacciatori e durante la sua migrazione dall’Africa all’Europa molti esemplari vengono abbattuti.
La logica vorrebbe che fosse vietata la caccia nei confronti di una specie a rischio. In questo caso, invece, la caccia viene addirittura anticipata per evitare che i cacciatori non riescano ad abbattere un numero per loro soddisfacente di questi animali, considerato che la specie inizia la migrazione verso l’Africa già dalla fine di agosto.

La beffa del Piano di Gestione

Per riuscire ad evitare la sospensione della caccia alla tortora, il Ministero dell’Ambiente, con l’avallo delle Regioni e il giubilo delle associazioni venatorie, ha adottato un cosiddetto Piano di Gestione che prevede l’adozione di una serie di misure di conservazione come la ricostituzione di habitat favorevoli alla nidificazione, la vigilanza e la repressione delle illegalità. Solo a patto che queste azioni vengano compiute, il Piano prevede la possibilità di aprire la caccia secondo il principio del prelievo adattativo: predeterminando il numero massimo di esemplari da abbattere e sospendendo gli abbattimenti non appena questo numero venga raggiunto.
Nella pratica il Piano di Gestione è solo uno strumento finalizzato ad accontentare i cacciatori considerato che, sia per la Tortora, sia per le altre specie nei confronti delle quali è stato adottato, nessun’azione viene eseguita se non quella di consentire gli spari.

Procedura UE nei confronti dell’Italia

Questa grave consuetudine, più volte segnalata dal WWF Italia e dalle altre associazioni, è stata riconosciuta anche dalla Commissione europea che ha avviato una procedura Pilot nei confronti dell’Italia con il rischio per tutti i cittadini, non solo per i cacciatori, di pagare pesanti sanzioni economiche.È significativo che gli assessorati regionali siano solerti e rapidi nell’accogliere le richieste dei cacciatori, giungendo addirittura ad indire riunioni straordinarie e bloccare i lavori di un intero ente, e rimangano invece inerti quando si tratta di adottare misure per aumentare la tutela di specie ed habitat o per fornire maggiori strumenti agli operatori destinati al controllo.

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