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Estinzioni in mostra al Museo Scienze Naturali di Torino

Tigri della Tasmania, strane zebre striate a metà, istrici dal naso lungo, sono questi e molti altri gli animali esposti a Torino presso il Museo Regionale di Scienze Naturali, che da inizio novembre ha inaugurato la mostra “Estinzioni:…

Tigri della Tasmania, strane zebre striate a metà, istrici dal naso lungo, sono questi e molti altri gli animali esposti a Torino presso il Museo Regionale di Scienze Naturali, che da inizio novembre ha inaugurato la mostra “Estinzioni: biodiversità dei vertebrati in allarme rosso”. L’esposizione, che durerà fino al 18 Febbraio 2018, offre non solo la possibilità di osservare questi affascinanti esemplari, ma anche quella di assistere a un ciclo di incontri con scienziati ed esperti in materia.
La mostra, patrocinata dal WWF Italia, “rappresenta un’ottima occasione per spiegare come i processi di estinzione siano stati bruscamente accelerati dall’intervento dell’uomo” dice Franco Andreone, uno dei maggiori esperti di erpetologia malgascia e curatore scientifico della mostra. I grandi processi di estinzione del passato infatti, non hanno avuto la stessa velocità distruttiva della nuova era geologica, non a caso definita Antropocene. Il termine, coniato per descrivere il periodo che va dalla Rivoluzione industriale ai giorni nostri, si riferisce al grande impatto dell’uomo sull’ambiente (impatto mai avuto in passato) e che, dal Cinquecento a oggi, ha causato la scomparsa di almeno 300 specie di vertebrati.
Ma non è tutto, perché la mostra sarà anche “un primo passo verso la costituzione di un network di musei naturalistici che agiscano in modo sinergico” continua Andreone, “e che collaborino per affrontare nuove tematiche o per dare uno strumento di comprensione nei confronti delle grandi problematiche, dal cambio climatico alle patologie emergenti”. Il Progetto Estinzione in particolare, vede coinvolti il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, il MUSE, l’Università degli Studi di Padova e FEM2 Ambiente, per compilare -attraverso studi e analisi del DNA antico- una banca dati genetica sulle specie animali estinte o in via di estinzione, per promuoverne lo studio, la valorizzazioni e la divulgazione.
Questa sarà dunque la migliore occasione per conoscere e vedere dal vivo, quello che l’Homo sapiens, specie invasiva per definizione, ha saputo distruggere in così poco tempo e quello che noi possiamo invece salvare. Specie come il dodo, la quagga, l’alca impenne o l’echidna dal becco lungo sono infatti solo i nonni delle attuali specie esistenti che, senza corrette strategie di tutela, potranno scomparire anche loro nel giro di alcuni decenni.
Ma una piccola vittoria ci arriva dal Madagascar. Qui, la ricercatrice Andolalao Rakotoarison insieme a un gruppo di studiosi internazionali afferenti a diverse istituzioni mondiali, ha scoperto 26 nuove specie di rane, genere Stumpffia che popolano le foreste subumide dell’isola. Tra gli esperti, lo stesso Franco Andreone, Membro del Comitato scientifico WWF nonché ‘co-chair’ insieme ad Andolalao, dell’IUCN SSC Amphibian Specialist Group per il Madagascar. E’ lui a parlarci di questa sensazionale scoperta condotta attraverso analisi di tipo ecologico, morfologico, e acustico (come i richiami sonori) che hanno permesso di conoscere la grande varietà biologica di questi minuscoli anfibi, dei quali fino ad oggi si conoscevano solo 14 specie.
Tra i vertebrati più piccoli al mondo, le rane del Madagascar sono lunghe appena 10-15 millimetri e dunque molto difficoltosi da rintracciare e da osservare. Un impedimento simile però, diventa importante non solo per comprendere il valore di questa scoperta, ma anche per capire come, tutta la biodiversità esistente, vada sorvegliata e protetta dalle minacce della specie umana: ‘pioniere ambientale’ dei giorni nostri.

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