Pandanews

Giornata mondiale biodiversità 2013

Nella Giornata Mondiale per la Biodiversità, che si celebra il 22 maggio, il WWF lancia l’allarme: il cambiamento climatico sta mettendo a serio rischio anche le specie più comuni di piante e animali a livello globale, e anche…

Nella Giornata Mondiale per la Biodiversità, che si celebra il 22 maggio, il WWF lancia l’allarme: il cambiamento climatico sta mettendo a serio rischio anche le specie più comuni di piante e animali a livello globale, e anche la natura d’Italia sta cambiando drasticamente, come dimostra il Progetto Clima-Osservatorio Oasi avviato nelle aree protette del Panda e rilanciato negli ultimi giorni della Campagna Oasi WWF. Ma questa grande estinzione di massa si può ancora evitare: bisogna agire in fretta per azzerare le emissioni climalteranti nel più breve tempo possibile, una necessità resa ancora più urgente dopo che nelle scorse settimane la concentrazione di CO2 in atmosfera ha raggiunto le 400 parti per milione, livello record che non si registrava da oltre 3 milioni di anni (ben prima della comparsa dell’Homo sapiens sulla Terra).

L’hanno già reso noto gli scienziati riuniti, nel gennaio scorso a Copenaghen, nel nuovo Panel Scientifico dell’ONU  per la Biodiversità e i Servizi Ecosistemici (IPBES). Ma il nuovo studio  su 50.000 specie animali e vegetali pubblicato da una delle più autorevoli riviste scientifiche (Nature Climate Change) lo riafferma con forza: a causa del cambiamento climatico il Pianeta rischia di perdere più di un terzo degli animali e metà delle piante oggi conosciuti, e la biodiversità rischia di ridursi drasticamente ben prima della fine del secolo, con le piante e gli anfibi tra i gruppi tassonomici maggiormente a rischio. Ma secondo lo studio, se agiamo presto e con decisione basandoci sui livelli di riduzione delle emissioni indicati dalla comunità scientifica, il fenomeno può essere arginato, le perdite di biodiversità ridotte fino al 60% e il periodo in cui le specie potrebbero aver tempo di adattarsi prolungato di 40 anni. Le specie prese in esame sono molto importanti anche per il benessere dell’uomo, per i processi di purificazione dell’aria e dell’acqua, per il controllo delle alluvioni, per il ciclo dei nutrienti e per l’importante ruolo del turismo nelle società umane. Rimanere al di sotto dei 2°C di aumento medio della temperatura globale rispetto all’era preindustriale, secondo gli scienziati, è cruciale.
Se lo studio di Nature Climate Change vede Africa Sub Sahariana, America centrale, Amazzonia e Australia tra le aree più colpite, anche Nord Africa, l’Asia e l’Europa meridionale sono considerate ad altissimo rischio, e infatti i cambiamenti climatici stanno minacciando e modificando anche la Natura d’Italia. Lo dimostra il progetto Osservatorio Oasi – promosso dal WWF Oasi in collaborazione l’Università della Tuscia, Uniroma3, con il supporto di Corpo Forestale dello Stato il Museo di Zoologia di Roma e il contributo di Epson e Centro Euromediterraneo per i cambiamenti climatici (CMCC) – per capire il clima che cambia, costruire reti di monitoraggio per studiare i suoi impatti e sperimentare nuove modalità per l’adattamento, il tutto attraverso l’osservazione di uccelli migratori, anfibi, boschi e farfalle custoditi nelle aree protette dal Panda in tutta Italia.

Un motivo in più, nella giornata in cui tutto il mondo celebra la biodiversità, per sostenere la campagna per le Oasi del WWF, presidi di natura al sicuro e veri e propri laboratori scientifici a cielo aperto, che fino al 26 maggio è possibile aiutare donando via sms o chiamata al 45506* o presso gli sportelli UniCredit di tutta Italia.

“Stiamo correndo il rischio di lasciare ai nostri figli e nipoti un Pianeta spoglio, povero di vita, in cui le condizioni di sopravvivenza della stessa specie umana sarebbero enormemente difficili – ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia – Questo scenario da fantascienza non deve diventare reale a causa di interessi e avidità: sarebbe un crimine gravissimo. Ma il mondo è fermo, frenato da chi non sa vedere un futuro diverso, nel quale gli esseri umani imparino dalla natura, invece di distruggerla, e vivano seguendo i suoi migliori insegnamenti. Dalle Oasi del WWF, presidi di natura da proteggere, che aiutano il clima e dove le specie vivono al sicuro, si impara anche questo.”

“Le aree naturali protette sono un fondamentale alleato nella lotta al cambiamento climatico, ci aiutano a comprenderlo e a difendere la natura e noi stessi dai suoi impatti. Il progetto Osservatorio Oasi WWF dimostra il ruolo fondamentale che queste preziose aree svolgono per la conservazione della biodiversità, che oggi tutto il mondo celebra. Non ci stancheremo mai di proteggerle, e l’aiuto di tutti i nostri sostenitori sarà fondamentale per mantenere l’impegno” ha detto Antonio Canu, presidente del WWF Oasi.
“Come ci viene detto dai maggiori studiosi al mondo che stanno cercando di impostare un nuovo sistema economico che tenga conto finalmente della natura, della biodiversità e degli ecosistemi – come indicano i prestigiosi rapporti del TEEB (The Economics of Biodiversity and Ecosystem Services) il programma mondiale ONU sul valore della natura – le attività umane producono costi pesanti per le risorse naturali e i sistemi naturali, calcolati in oltre 7.300 miliardi di dollari che equivalgono al 13% del prodotto globale lordo (rispetto ai dati del 2009). Una cifra immensa, calcolata ancora per difetto, che ci dimostra come è ormai fondamentale mettere il capitale naturale al centro di una nuova impostazione economica, obbligatoria anche a causa della gravissima crisi economica finanziaria attuale. Senza una natura sana non c’è futuro per le società umane. E’ bene che la politica impari definitivamente il valore di questa affermazione e agisca di conseguenza” ricorda Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia.
Le aree protette svolgono un ruolo attivo sia per proteggerci dagli impatti dei cambiamenti climatici, sia per la riduzione della CO2 in atmosfera: a livello mondiale il 15% del carbonio viene stoccato nelle aree protette, mentre in Italia si stima che i 1.388.568 ettari di aree protette possano assorbire 12,7 Mt di CO2 ogni anno, per un valore economico calcolato in 1,2 miliardi di euro.

LA CAMPAGNA OASI 2013: RUSH FINALE!

Per tutta la settimana è ancora possibile aiutare il WWF a proteggere la natura d’Italia, anche dal clima che cambia, attraverso il sistema delle Oasi WWF, più di 100 paradisi naturali per oltre 37.000 ettari di natura in tutta Italia, protetta da ogni minaccia grazie al lavoro quotidiano di esperti, volontari e sostenitori. Fino al 26 maggio si dona al 45506 via sms o chiamata, o presso gli sportelli bancomat UniCredit di tutta Italia, per mantenere questo patrimonio e promuovere due nuove oasi: una “Casa per l’Orso” in Trentino e una “spiaggia sostenibile” in Sardegna. Nel weekend ancora eventi speciali, in particolare al Nord!

NATURA D’ITALIA A RISCHIO CLIMA: L’OSSERVATORIO OASI

 Le aree naturali sono un fondamentale alleato della lotta al cambiamento climatico ma sono anche tra le sue vittime e secondo le previsioni lo saranno sempre di più. Per esempio si prevede che ci sarà un aumento della temperatura media di 1-3°C nel 95% delle Oasi WWF, in particolare nelle stagioni più calde, mentre le precipitazioni subiranno una riduzione di 27-113 mm nel 90% delle Oasi. L’Osservatorio Oasi WWF, attraverso le analisi dei dati da indicatori fisici e biologici evidenzia il ruolo strategico delle aree protette nella lotta al cambiamento climatico, l’importanza di una nuova tipologia di gestione adattativa di habitat ed ecosistemi e il ruolo chiave dei bio-indicatori per il monitoraggio e la prevenzione dei maggiori impatti.

GLI ANFIBI, per esempio, sono degli ottimi indicatori dello stato di conservazione degli ambienti umidi, ambienti che rischiano fortemente di ridursi a causa del cambiamento climatico, soprattutto per effetto dell’innalzamento medio delle temperature e della concentrazione delle piogge, che causano un sempre più frequente inaridimento di ampie aree geografiche temperate. Non a caso popolazioni di alcune specie di anfibi – come il pelobate fosco, l’ululone appenninico o il discoglosso dipinto – si sono già profondamente rarefatte e vedono in aree protette, come le Oasi WWF in Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Sicilia, luoghi fondamentali per la propria sopravvivenza. Si calcola che il declino di 14 specie di anfibi (il 73,68%) sia associabile ad almeno una variabile climatica. Le analisi scientifiche mettono, così, in evidenza la necessità di realizzare piani di protezione che consentano il mantenimento, il ripristino e la moltiplicazione dei siti di riproduzione per le diverse specie di anfibi, il che si traduce in progetti concreti come la realizzazione di nuovi stagni, pozze e aree umide fondamentali per la sopravvivenza di queste preziose specie a rischio.

LE FARFALLE NOTTURNE sono fonti di informazioni altrettanto interessanti. Utilizzati da tempo come bio-indicatori per la caratterizzazione ecologica degli ambienti e per monitorare diversi processi su vasta scala, i lepidotteri sono stati al centro di una serie di rilievi qualitativi e quantitativi in una rete di Oasi WWF distribuite sul territorio italiano – come la Paradrina flava – anche in relazione ai cambiamenti climatici. Con queste misurazioni, in diverse Oasi si è potuta verificare un’abbondanza relativa di specie “termofile” (ovvero amanti del caldo) migranti favorite dal riscaldamento globale, rispetto a quelle stanziali, tanto che diverse popolazioni di lepidotteri si sono espanse visibilmente in aree legate a climi caldi.

GLI UCCELLI MIGRATORI
a causa del cambiamento climatico sono spesso portati a variare i propri ritmi stagionali. Come conseguenza dell’innalzamento delle temperature, infatti, molte specie anticipano i tempi della migrazione. Ma non tutte sono in grado di farlo e di tenere il passo. È il caso ad esempio dei migratori a lunga distanza che, non mostrando alcuna tendenza ad anticipare la migrazione, vanno incontro a conseguenze importanti che possono portare a uno sfasamento del proprio ciclo vitale rispetto a quello delle loro principali fonti di cibo, con effetti che possono portare a un declino demografico della specie.

LE FORESTE a loro volta mostrano le prime conferme di allarmanti sintomi di disgregazione dovuti all’effetto dei cambiamenti climatici (temperature elevate e siccità record) con le querce caducifoglie (cerro e roverella) e il faggio tra le specie più colpite.

IL CLIMA CAMBIA LA NATURA, ECCO COME: Il cambiamento climatico sta già avendo ripercussioni notevoli sulla biodiversità e le proiezioni dicono che comporterà cambiamenti nella distribuzione delle specie e degli ecosistemi oltre a una complessiva perdita di biodiversità. Si prevede che le specie terrestri si muoveranno verso latitudini più alte o altitudini più elevate. Gli ecosistemi marini saranno influenzati non solo da un aumento della temperatura del mare e cambiamenti nella circolazione oceanica, ma anche per l’acidificazione degli oceani, che aumenta la vulnerabilità di ecosistemi fragili come le barriere coralline. Le zone umide e i delicati habitat ripariali sono fortemente influenzati dal cambiamento del regime idrologico dei corsi d’acqua e dalle conseguenti, spesso drastiche, variazioni del livello idrico e sono così messe a rischio numerosissime specie di piante acquatiche e di animali degli ambienti acquatici e palustri. Le modificazioni climatiche hanno già prodotto impatti sulla biologia, la fenologia, la crescita e la distribuzione delle specie e la composizione degli ecosistemi in Italia, nonché sugli ecosistemi naturali, seminaturali e agricoli. Variazioni significative sono state osservate anche su colture importanti e tipiche, tra cui olivo e vite, e crescono le preoccupazioni sugli effetti che potranno avere in futuro. Le proiezioni segnalano che fino alla fine del secolo i cambiamenti climatici procederanno molto più velocemente di quelli attuali e che nel bacino del Mediterraneo si verificheranno variazioni molto rilevanti. La gran parte degli studi prevede che nel medio periodo gli effetti dei cambiamenti climatici sulla perdita di biodiversità saranno più significativi di altri fattori come la perdita di habitat per il consumo del suolo, l’inquinamento, il prelievo venatorio.

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