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Impollinatori d’Italia

In Europa, gli impollinatori sono prevalentemente api e sirfidi, ma anche farfalle, falene, alcuni coleotteri e vespe. Tra gli impollinatori gli apoidei selvatici (Hymenoptera, Apoidea, Apiformes) e quelli oggetto di allevamento come l’ape domestica (Apis mellifera Linneus, 1758) e…

In Europa, gli impollinatori sono prevalentemente api e sirfidi, ma anche farfalle, falene, alcuni coleotteri e vespe. Tra gli impollinatori gli apoidei selvatici (Hymenoptera, Apoidea, Apiformes) e quelli oggetto di allevamento come l’ape domestica (Apis mellifera Linneus, 1758) e i bombi (Bombus Latreille, 1802) costituiscono il gruppo tassonomico di gran lunga più importante.

L’ape domestica da miele occidentale (Apis mellifera) è la specie più conosciuta, utilizzata dagli apicoltori per la produzione di miele e altri prodotti (propoli, pappa reale, cera). 
Come per tutti i maggiori gruppi di invertebrati anche per le api il numero delle specie a livello globale e nazionale è molto incerto. Gli apoidei selvatici, comunemente noti come api selvatiche o solitarie o semplicemente api, presentano in tutto il globo i principali hot-spot di biodiversità nelle aree a clima mediterraneo situate, tanto nell’emisfero Boreale che in quello Australe, tra i 30° e i 45° di latitudine. L’Italia ricade quasi per intero in una di queste aree.

A livello europeo è stata censita una fauna di circa 2000 specie di apoidei. Precisamente per la redazione della Lista Rossa delle Api Europee (Nieto et al. 2014) sono state censite 1965 specie, ma questo numero è stato ampliato subito dopo a 2051 specie (Rasmont et al. 2017).

La fauna apistica italiana è una tra le più ricche del mondo in rapporto alla superficie del nostro paese. L’ultimo elenco ufficiale compilato in occasione della realizzazione della Checklist della Fauna Italiana, annovera 944 specie (Pagliano 1995) appartenenti a sei delle sette famiglie conosciute a livello mondiale.

Nel 2018 il Comitato Italiano IUCN, per conto del Ministero dell’Ambiente, ha redatto la Lista Rossa per gli apoidei. In totale sono 151 le specie di api native in Italia per le quali esistono dati sufficienti e indizi di declino, che sono state incluse nella valutazione della Lista Rossa. Dal rapporto emerge che su 151 specie valutate in base ai rigorosi criteri dell’IUCN, sono 34 quelle con diversi livelli di minaccia.

Sono state valutate le popolazioni nel loro areale italiano (Italia peninsulare, isole maggiori e, dove rilevante, isole minori). Delle 151 specie valutate, 5 sono in pericolo critico di estinzione e non sono state ritrovate di recente, pertanto sono considerate potenzialmente estinte. Altre 2 specie sono in pericolo critico, 10 specie sono in pericolo, 4 specie sono vulnerabili (in totale sono quindi 21 le specie a rischio di estinzione) e altre 13 sono prossime ad uno stato di minaccia. 

L’Italia è l’unico paese europeo che ha redatto la Lista Rossa per i due gruppi più importati di impollinatori, api (apoidei) e farfalle diurne (lepidotteri ropaloceri). 

In Italia sono presenti 288 specie indigene di Lepidotteri diurni, l’introduzione accidentale di una specie di origine sudafricana verso la fine del secolo scorso ha portato il totale delle specie italiane a 289. Le specie endemiche italiane sono 18. Di queste  289 specie una è estinta in Italia: la  Lycaena helle, una specie globalmente minacciata. Le specie minacciate di estinzione sono un totale di 18, il  6.3% delle specie valutate. Solo per 2 specie i dati disponibili sono insufficienti a valutare il rischio di estinzione.  Le specie quasi minacciate rappresentano il 5.6% dei ropaloceri italiani.

La scomparsa delle api in Italia

Osservazioni condotte con metodo scientifico testimoniano la progressiva diminuzione di alcune specie di impollinatori in tutti i paesi europei. Le principali minacce sono dovute alle attività umane che modificano il loro habitat, in particolare l’uso sconsiderato di pesticidi, il consumo di suolo, la modificazione di indirizzi colturali, l’urbanizzazione, l’inquinamento, l’eccessivo sfruttamento dei pascoli, l’abbandono delle aree rurali con la conseguente riforestazione naturale, i cambiamenti climatici e la diffusione di parassiti e malattie veicolate dall’introduzione di nuove specie aliene invasive. 

Da alcuni decenni ormai, numerosissime ricerche hanno messo in luce un declino diffuso e generalizzato dell’ape domestica (Apis mellifera) ed hanno individuato le cause in primo luogo nella diffusione dell’acaro parassita Varroa destructor e in secondo luogo in specifiche pressioni di origine antropica quali l’uso sconsiderato di pesticidi (agrofarmaci).

Nel corso del 2017 a livello nazionale sono state registrate 124 segnalazioni di mortalità o spopolamenti di alveari, delle quali 50 con presenza di principi attivi di pesticidi rinvenuti nelle api (dati Ispra 2019).

In Italia il record della moria di api domestiche per colpa dei pesticidi, va alla Provincia di Bolzano. E’ questo il territorio dove si è registrato in questi ultimi anni, con dati crescenti, il maggior numero di fenomeni di moria delle api collegati ai pesticidi (dati dell’Ispra 2019, riferiti al triennio 2015, 2016, 2017), nettamente superiore rispetto al Veneto e al Trentino che seguono rispettivamente al secondo e terzo posto nella triste graduatoria della moria delle api nel nostro Paese. Sono in queste tre Regioni i territori dove l’Ispra ha anche rivelato la maggior quantità di pesticidi (principi attivi) per ettaro di superficie agricola utilizzata.

Le analisi per la ricerca dei pesticidi nelle api morte hanno dato spesso esito positivo, con la presenza di più principi attivi (multiresiduo) indicando come una combinazione di più fattori possa determinare mortalità anomale e spopolamento degli alveari. 

Il numero di casi di morie di api registrati nel 2015 a scala nazionale, attribuibili all’uso di pesticidi, sono stati 31, ma il numero dei casi di moria delle api (con spopolamento degli alveari) è aumentato negli anni successivi, raggiungendo rispettivamente i 49 nel 2016 e 50 casi nel 2017.

L’istituzione di un’attività di monitoraggio sistematica sugli avvelenamenti delle api, attivata nel luglio 2014 dal Ministero della salute, ha consentito, a partire dal 2015, di rilevare in modo ufficiale i casi di avvelenamento, evidenziando un costante incremento dei casi di morie di api denunciati, indicando anche i possibili impatti sull’ambiente correlati all’impiego di pesticidi.

Infine dall’analisi del trend annuale di morie delle api, si evidenzia che i mesi con maggior numero di casi sono aprile, maggio e giugno, coincidenti con le fioriture primaverili.

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