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Sui rifiuti nucleari servono trasparenza e partecipazione

A oltre 30 anni dal referendum che chiuse il nucleare in Italia, e a quasi 10 anni dalla netta e saggia reiterazione della volontà popolare di non avere impianti nucleari nel nostro Paese, si avvia oggi formalmente il…

A oltre 30 anni dal referendum che chiuse il nucleare in Italia, e a quasi 10 anni dalla netta e saggia reiterazione della volontà popolare di non avere impianti nucleari nel nostro Paese, si avvia oggi formalmente il percorso che dovrebbe individuare la sede del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi. Proprio le scorie che l’energia nucleare produce inevitabilmente, nel suo ciclo, furono tra i principali motivi del rifiuto dell’energia nucleare stessa. Ciò nonostante, la gestione della pesante eredità di un passato ormai remoto richiede soluzioni che garantiscano la salute e l’ambiente: alcuni secoli per le scorie di II categoria, e alcune centinaia di migliaia di anni per i rifiuti di III categoria.  

È doverosa una assunzione di responsabilità nella gestione dell’ultima fase dell’uscita del nucleare, senza far ricadere questo compito sulle prossime generazioni. Proprio in quest’ottica viene da chiedersi se si sia fatto il giusto approfondimento su una soluzione europea che potesse consentire al nostro paese di gestire le scorie delle centrali insieme a quelle di altri paesi che hanno scelto di continuare ad usare l’energia nucleare e si troveranno a gestire quantità di scorie molto maggiori di quelle italiane.

Posto che il trattamento sicuro delle scorie, come quelle di III categoria, non ha trovato una soluzione definitiva in nessuna parte del mondo a causa dell’impossibilità tecnica di garantire il mantenimento di condizioni di sicurezza adeguate proprio per i tempi plurimillenari necessari connessi al decadimento di tali scorie, ci saremmo aspettati la presentazione di un ventaglio di soluzioni meglio argomentate da differenti scenari e criteri:  la fiducia dei cittadini, fondamentale ancor più su un tema tanto sensibile, si conquista solo con un reale processo di partecipazione delle comunità locali, vale a dire mettendo a nudo i rischi (anche quelli del non fare nulla), le misure di sicurezza, le modalità per affrontare la gestione con il massimo rigore e con i massimi livelli di garanzia sanitaria e ambientale, accettando il fondamentale principio di reversibilità nel caso la situazione subisca modificazioni. Il WWF ritiene che la mera presentazione di un elenco così vasto potrebbe non facilitare una discussione di merito, se non si porrà rimedio nelle prossime fasi.  

Bisogna poi ricordare, aggiunge il WWF, che tutta la vicenda della sistemazione delle scorie nucleari, l’aspetto di maggiore rischio radiologico è rappresentato dallo smantellamento delle centrali e degli impianti esistenti per garantire il rigoroso rispetto delle normative in materia di protezione sanitaria. In conclusione, il tema della sistemazione finale delle scorie nucleari italiane richiede molta cautela e molta trasparenza e coinvolgimento partecipativo delle popolazioni e degli enti locali. Nessuno sarà mai felice di convivere con il sito o più siti nazionale/i, ma un’adeguata informazione e garanzie di controllo sono comunque il minimo che ci si deve aspettare in un paese civile. 

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