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Moria di pesci in Africa, milioni di persone a rischio in Kenya e Tanzania

Una moria di pesci nel fiume Mara sta mettendo a rischio la sopravvivenza di oltre un milione di persone in Kenya e Tanzania, oltre a quella di zebre, gnu, leoni e decine di altre specie già fortemente minacciate…

Una moria di pesci nel fiume Mara sta mettendo a rischio la sopravvivenza di oltre un milione di persone in Kenya e Tanzania, oltre a quella di zebre, gnu, leoni e decine di altre specie già fortemente minacciate di estinzione. Il WWF lancia l’allarme in un rapporto sullo stato di salute del bacino del Mara, che copre oltre 13 mila chilometri quadrati (di cui il 65% in territorio keniano e il 35% in quello tanzaniano) ed è fonte di sopravvivenza per 1,1 milione di umani. Si tratta infatti dell’habitat che ospita la più alta densità di erbivori al mondo e altre specie iconiche come i leoni. 
 
Quest’area, infatti, è anche nota per la più grande migrazione stagionale di gnu e zebre, con un indotto di milioni di dollari per il turismo, e per ospitare anche grandi predatori come i leoni, che si nutrono di queste specie erbivore. La diminuzione delle prede e dell’habitat, infatti, sono fra le cause primarie del declino dei leoni in Africa, che ormai hanno perso il 90% del loro storico areale e sono già estinti in 26 paesi del continente. La popolazione è passata dai potenziali 200.000 leoni di 100 anni fa, a forse meno di 20.000 leoni di oggi. Questo declino è accelerato negli ultimi anni, con l’ultima classificazione IUCN che stima un calo del 43% tra il 1993 e il 2014.  Un qualunque ulteriore alterazione negli equilibri ecologici di questi territori metterebbe ulteriormente a rischio il futuro dei leoni, i felini più conosciuti e amati al mondo.
 
Causa della moria di pesci che stanno scomparendo dal fiume, lungo 395 km, e della conseguente grave perdita di biodiversità, sono le attività umane sempre più intensive che utilizzano l’acqua per l’agricoltura (aumentata del 203% tra il 1973 e il 2000), per produrre energia idroelettrica e per il turismo. A questo si aggiunge la deforestazione – in particolare nella foresta keniana di Mau – che aumenta la desertificazione e riduce le riserve idriche . La popolazione, poi, cresce al ritmo del 3% annuo, aumentando costantemente la pressione umana sull’ecosistema per soddisfare i bisogni di terre, acqua e cibo. 
 
Secondo il WWF i primi a soffrire la fame saranno le popolazioni dedite alla pesca che a causa delle risorse ittiche in costante diminuzione, rischiano la carestia alimentare.
“Quando l’ambiente viene danneggiato, sono le specie acquatiche a risentirne per prime, ma la distruzione di questo tipo di biodiversità ha un effetto negativo a cascata su tutto il resto dell’ecosistema”, dichiara William Ojwang, responsabile acque per il WWF nella Rift Valley.
 
Il report WWF stima che se gli gnu non dovessero avere più accesso al Mara river, circa l’80% della popolazione potrebbe morire:  il fiume, infatti, che si trova al confine tra Kenya e Tanzania, è l’unica fonte d’acqua durante la stagione secca e il solo habitat per i coccodrilli del Nilo che hanno un ruolo ecologico molto imporatne durante la migrazione.
La prima analisi sulla biodiversità del bacino del fiume Mara ha identificato 473 specie di acqua dolce autoctone, tra cui quattro mammiferi, 88 uccelli acquatici, 126 uccelli associati di acqua dolce, quattro rettili, 20 anfibi, 40 pesci, 50 specie di invertebrati e 141 piante vascolari.
 
Almeno 10 specie (il 2% delle specie totali) si trovano nella lista rossa delle specie in via d’estinzione dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN). Tre specie – il ningu, il singida e la tilapia Victoria – sono “in grave pericolo di estinzione”, minacciate dall’introduzione di pesci non autoctoni come il pesce persico del Nilo.
A causa della scarsità di dati, l’ecosistema del fiume è ancora poco conosciuto: diverse specie acquatiche non si vedono da molti anni e potrebbero essersi estinte ancora prima di essere state studiate o descritte al resto del mondo, tuttavia, per i ricercatori è probabile che la varietà di biodiversità presente nell’area sia stata comunque sottostimata. La progressiva scarsità d’acqua in tutto il bacino e la gestione della risorsa sono anche causa di conflitti tra Kenya e Tanzania, i due paesi dell’Africa orientale che condividono l’ecosistema. Secondo i media locali sono ai ferri corti per la costruzione di diverse dighe all’interno del bacino di Mara, alcune delle quali destinate all’irrigazione.

Ancora una volta si dimostra come nei diversi sistemi naturali e sociali tutto è connesso: la scarsità delle risorse naturali dovuta all’impatto e alla cattiva gestione da parte dell’uomo porta sia ad una catastrofe ambientale, dove specie cruciali e iconiche come i leoni rischiano di pagarne drammatiche conseguenze, sia ad un inasprimento dei conflitti sociali tra comunità il cui benessere dipende proprio dalle risorse naturali, sia che si tratti di acqua sia che si tratti di economia legata al turismo naturalistico. La soluzione prospettata dal WWF è quella di una gestione sostenibile del territorio e delle sue risorse, dove i diversi portatori di interesse possano accordarsi per ridurre gli impatti e per gestire in maniera duratura il capitale naturale. Senza un vero cambio di rotta assisteremo ancora una volta ad un effetto domino che partendo dalla moria dei pesci determinerà devastanti effetti su tutta la biodiversità e le comunità locali, mettendo a rischio il futuro di milioni di persone.

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