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Rapporto IPCC, Governi ora tocca a voi

Oggi, a Copenaghen, è stata resa nota la sintesi finale del 5° Rapporto del Panel scientifico intergovernativo dell’ONU sul Cambiamento Climatico (IPCC). Il rapporto rappresenta sette anni di lavoro di oltre mille scienziati provenienti da 160 Paesi del…

Oggi, a Copenaghen, è stata resa nota la sintesi finale del 5° Rapporto del Panel scientifico intergovernativo dell’ONU sul Cambiamento Climatico (IPCC). Il rapporto rappresenta sette anni di lavoro di oltre mille scienziati provenienti da 160 Paesi del mondo.

I migliori scienziati del clima di tutto il mondo hanno fornito uno strumento solido, completo e prudente per valutare lo sforzo globale necessario per agire sul cambiamento climatico Il rapporto è stato approvato da tutti e 195 i Paesi che compongono l’IPCC, con delegazioni formate sia dagli scienziati che dai governi, e rappresenta quindi un consenso scientifico estremamente vasto e globale.

Il 5° Rapporto dell’IPCC ci dice che il cambiamento climatico sta già colpendo persone e natura ovunque. L’acidificazione degli oceani, l’innalzamento del livello dei mari, gli eventi estremi (sia ondate di calore che precipitazioni improvvise e intense), insieme ai profondi cambiamenti in Artico dimostrano che il cambiamento climatico è già una realtà.

“Il rapporto dell’IPCC ci dice che noi siamo la causa e che la nostra dipendenza dai combustibili fossili e di gran lunga la principale fonte di inquinamento che sta cambiando il nostro clima”, sottolinea Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia. .
    
Il rapporto descrive gli effetti terribili di un clima instabile, ma fornisce anche un percorso chiaro per futuro più sicuro e pulito. Le sue principali conclusioni sono le seguenti:

1)    Il mondo può permettersi di combattere il cambiamento climatico. Questo non paralizzerà le economie né fermerà lo sviluppo – al contrario. Quello che è chiaro è che l’inazione sarà molto più costosa, anche considerando le stime più caute.
2)    Non è troppo tardi per evitare il cambiamento climatico catastrofico. In particolare, un’azione rapida e decisa per uscire dai combustibili fossili può tenere l’aumento globale della temperature al di sotto dei 2°C, la soglia indicate dalla comunità scientifica per evitare il cambiamento climatico più pericoloso, soglia su cui concordano anche i governi.  
3)    Esiste un carbon budget – vale a dire un limite a quanto si può emettere, e noi lo abbiamo già usato quasi tutto.  Globalmente, le emissioni devono scendere rapidamente, raggiungendo il picco in questa decade per scendere a zero entro la metà del secolo, se vogliamo evitare il cambiamento climatico catastrofico. I Governi, le aziende e tutti noi dobbiamo andare ben oltre i piccoli passi e darci da fare per eliminare completamente i combustibili fossili.
4)    L’adattamento al cambiamento climatico è critico, ma ci sono chiari limiti.  Senza azioni immediate per limitare le emissioni, l’adattamento non sarà sufficiente per proteggere la vita delle persone, nonché i mezzi di sussistenza e il mondo naturale da cui le persone dipendono..
5)    Ridurre le emissioni e adattarsi è anche una questione di equità, giustizia e correttezza. Se non riusciremo ad agire, si comprometteranno gli sforzi per ridurre la povertà e si metterà a rischio cibo, acqua e mezzi di sussistenza per molti dei poveri del mondo. Lasceremo anche alle generazioni giovani di oggi e a quelle future una sfida quasi insormontabile.

A New York, nel settembre scorso, persone di ogni credo e strato sociale hanno manifestato per chiedere fatti concreti e immediati. Leader religiosi, imprese, sindacati, studenti, organizzazioni di base, gruppi della società civile e singoli cittadini hanno chiesto ai governi di agire rapidamente e con ambizione.

“Ora tocca ai Governi: devono  usare questo ampio mandato, reperire e usare in modo corretto ed efficace i miliardi necessari per questa fase di transizione, e mettersi d’accordo sulla via da seguire per un accordo globale sul clima. Tra un mese, a Lima, si riunisce la Conferenza delle Parti ONU sul Clima: vogliamo che si esca dai riti e dai tatticismi e si cambi davvero passo. Ne va della stessa credibilità dei leader del mondo”, conclude Midulla.

E a Lima, tra l’altro, verrà anche affrontato il legame tra la deforestazione e il cambiamento climatico.
Proprio in questi giorni, il 30 ottobre, in Brasile è stato lanciato il rapporto ‘Futuro Climatico da Amazonia’ curato dallo studioso Antonio Donato Nobre dell’Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali brasiliano (INPE) voluto dall’ARA (Amazonian Regional Articulation) e supportato da diverse istituzioni come il WWF, che ha fatto il punto su centinaia di ricerche realizzate negli ultimi anni sulla dinamica della foresta amazzonica e il suo ruolo nei cambiamenti globali. Tutta l’area amazzonica ha inoltre beneficiato anche di un decennio di ricerche internazionali (1995 – 2005) del Large Scale Biosphere-Atmosphere Experiment in Amazonia che ha prodotto risultati interessantissimi per la conoscenza dei meccanismi climatici ed ecologici della foresta. Nobre illustra nel rapporto il valore della foresta amazzonica nella regolazione del clima, in particolare attraverso la capacità degli alberi di trasferire enormi quantità di acqua dal suolo all’atmosfera, attraverso il meccanismo della traspirazione.
Sono ben 20 miliardi di tonnellate di acqua ogni giorno che vengono utilizzate nella traspirazione (l’equivalente di 20.000 miliardi di litri e, giusto per dare un’idea di tale quantità, il volume del Rio delle Amazzoni immette ogni giorno nell’oceano circa 17 miliardi di tonnellate). Gli alberi operano, di fatto, come dei geyser legnosi, trasferendo immensi volumi di acqua nell’atmosfera. Questo straordinario ciclo tra biosfera e atmosfera consente importanti processi di condensazione, formando nubi e pioggia anche attraverso scambi e spostamenti di aria umida dall’oceano al continente, con il risultato di modelli di precipitazioni estremamente importanti per tutta la foresta, un clima dinamicamente stabile e una reale protezione dagli eventi meteorologici estremi.

“La deforestazione mette a rischio tutto questo affascinante e complesso sistema, con una drastica riduzione dei meccanismi di evapotraspirazione, alterazione nella formazione delle nubi, nella dinamica delle precipitazioni e nei prolungamenti delle stagioni secche con diffusione dei processi di aridificazione in diverse aree amazzoniche”, sottolinea Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia.
“Il rapporto calcola che dall’occupazione umana non tribale dell’Amazzonia sono stati distrutti almeno 42 miliardi di alberi, circa 2.000 alberi al minuto, in maniera ininterrotta da almeno 40 anni. Il WWF rilancia con forza a tutti i governi in cui ricade la foresta amazzonica, la richiesta di bloccare al più presto i fenomeni di deforestazione in tutta l’area amazzonica (dal nordovest  dello stato della Rondonia, alla frontiera tra Perù e Colombia o alla tripla frontiera Brasile, Perù e Bolivia). L’importanza della foresta amazzonica per i delicati equilibri dinamici del nostro sistema climatico sono fondamentali per tutti gli abitanti della Terra e rafforza le conclusioni dell’importante Quinto Rapporto dell’IPCC.”

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