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Ricerca scientifica nelle Oasi

I risultati di una ricerca condotta nell’Oasi WWF Gole del Sagittario ad Anversa degli Abruzzi (AQ) sono stati recentemente accettati e poi pubblicati dalla rivista scientifica internazionale    “Microchemical Journal” nel numero di marzo 2013. L’Articolo “Evaluating contamination…

I risultati di una ricerca condotta nell’Oasi WWF Gole del Sagittario ad Anversa degli Abruzzi (AQ) sono stati recentemente accettati e poi pubblicati dalla rivista scientifica internazionale    “Microchemical Journal” nel numero di marzo 2013.

L’Articolo “Evaluating contamination in the Red-billed Chough Pyrrhocorax pyrrhocorax through non-invasive sampling” è firmato da Augusto De Sanctis del WWF, Guillermo Blanco del Consejo Superior de Investigaciones Científicas spagnolo, Michela Mariottini, Emiliano Fanello, Cristiana Guerranti, Silvano Focardi e Guido Perra dell’Università di Siena .

Si tratta di uno studio condotto attraverso l’uso di un metodo non invasivo finalizzato al bio-monitoraggio degli inquinanti nell’ambiente e alla verifica del potenziale impatto della contaminazione sulla conservazione di specie rare. Infatti, oggetto della ricerca è stato il Gracchio corallino, il più raro corvide europeo, particolarmente protetto a livello comunitario dalla Direttiva 147/2009/CE. E’ presente nell’Oasi WWF Gole del Sagittario con una colonia tra le più importanti dell’Appennino.

La specie nidifica in cavità di pareti rocciose e, da pochi decenni, anche su edifici, soprattutto nella penisola iberica e in Scozia. Nell’Oasi del WWF e in generale nell’Appennino abruzzese la specie è oggetto da anni di un progetto di studio multidisciplinare condotto dal WWF e dalla Stazione Ornitologica Abruzzese, anche grazie alla collaborazione a livello internazionale con gruppi di ricerca afferenti ad università ed istituti scientifici.
Dichiara Augusto De Sanctis, coordinatore delle Oasi abruzzesi del WWF e co-autore della ricerca “Gli animali possono essere molto importanti per il biomonitoraggio finalizzato a valutare lo stato dell’ambiente in cui vivono, attraverso l’esame del livello di contaminazione a cui sono esposti. Queste ricerche spesso comportano l’uso di metodi invasivi, con la cattura e la raccolta di materiale biologico. Invece qui abbiamo utilizzato le penne cadute naturalmente dagli animali durante la muta. In collaborazione con i colleghi del Museo di Scienze naturali di Madrid e dell’Università di Siena, dove sono state condotte le analisi, abbiamo comparato il livello di alcuni contaminanti tra diverse popolazioni della specie in Italia, penisola iberica e Canarie. Il livello di contaminazione è risultato generalmente basso rispetto ad altre specie, soprattutto per quanto riguarda i pesticidi usati in agricoltura, anche se si deve tener conto della scarsità di altri riferimenti bibliografici essendo il nostro uno dei primi studi condotti con questa metodologia. I gracchi corallini solitamente vivono in ambienti poco antropizzati e caratterizzati da agricoltura tradizionale e non intensiva. Per quanto riguarda gli inquinanti di origine industriale e da traffico sono emerse indicazioni gestionali importanti. Ad esempio, i livelli più alti degli eteri bifenili polibromurati, sostanze tossiche presenti in plastiche, articoli tessili, corpi elettronici, sistemi di circuiti, sono stati riscontrati nelle penne della popolazione nidificante nei pressi dell’area più antropizzata, con grandi infrastrutture viarie, la più grande discarica spagnola con inceneritore e diverse industrie. Inoltre i gracchi corallini nidificanti alle Gole del Sagittario hanno mostrato una contaminazione da Idrocarburi Policiclici Aromatici, probabilmente legata alle emissioni del traffico veicolare che percorre la strada di fondovalle, posta proprio nei pressi della colonia. Il biomonitoraggio è un settore di ricerca estremamente importante, soprattutto se ha per oggetto specie per la cui conservazione esistono precisi obblighi per gli enti pubblici”.
 

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