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Salviamo i boschi lungo i fiumi

Continuano i tagli indiscriminati di boschi lungo i fiumi. Ultimi esempi sono il Melfa nel Lazio, il Misa nelle Marche e il Santerno, tra Toscana ed Emilia Romagna. “E’ una cosa vergognosa che, nonostante l’importanza di questi ambienti…

Continuano i tagli indiscriminati di boschi lungo i fiumi. Ultimi esempi sono il Melfa nel Lazio, il Misa nelle Marche e il Santerno, tra Toscana ed Emilia Romagna. “E’ una cosa vergognosa che, nonostante l’importanza di questi ambienti e le leggi che dovrebbero tutelarli le Regioni consentono la cosiddetta manutenzione che si traduce in tagli a raso assolutamente controproducenti, a parte ovviamente per chi li fa e chi vende poi la legna. A parte qualche fiume che conserva ancora fasce riparie naturali (Ticino, Tagliamento, alcuni fiumi al sud Italia come il Lao) il resto è generalmente aggredito da manutenzioni scellerate, mentre bisognerebbe fare di tutto per tutelarli e ripristinarli. I boschi ripariali, costituisco un’importante e delicata interfaccia tra l’ambiente acquatico e il territorio circostante” denuncia Andrea Agapito Ludovici, Responsabile Acque WWF Italia.

Si tratta di formazioni vegetali, cosiddette “azonali”, fortemente condizionate dal regime idrico dei fiumi o dei laghi lungo i quali si sviluppano, inoltre contengono un’elevata e importante biodiversità e per questo molti sono tutelati dalla Direttiva “Habitat” (43/92/CEE), come le “Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae)” o le “Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba”.

Invia a conservazione@wwf.it la segnalazione di tagli raso, escavazioni in alveo, interventi distruttivi, indicando località, data, chi sta facendo l’intervento,
2- 5 foto e nome del segnalatore


Il problema è grave e diffuso e vorremmo rilanciarlo facendo un dossier da inviare al Ministero dell’Ambiente



Il WWF invita anche a firmare la petizione “Fermiamo il taglio selvaggio sul fiume Santerno”

Purtroppo l’elevato consumo del suolo e lo sfruttamento di ogni spazio possibile, legati poi al prevalere di una riduttiva e controproducente logica di gestione idraulica dei fiumi, hanno determinato l’attuale situazione. Non vengono considerati gli aspetti idrogeologici ed ecologici degli ecosistemi fluviali che sono a tutt’oggi sottoposti a devastanti tagli a raso di boschi ripariali con il pretesto di mantenere “l’officiosità idraulica”. Questi ambienti in realtà ricoprono un’importanza enorme perché difendono le sponde dei fiumi dall’erosione, regolano il trasporto dei sedimenti attraverso l’intrappolamento fisico di materiali diminuendone l’accumulo a valle, riducono la velocità della corrente, forniscono ripari ai pesci durante le piene, contribuiscono alla determinazione del microclima in ambito fluviale, svolgono un’efficace funzione tampone nei confronti dei carichi di nutrienti provenienti dalle attività agricole” sottolinea Andrea Agapito Ludovici, Responsabile Acque WWF Italia.

In questi ultimi anni si è cercato di salvaguardare questi ambienti e in genere le fasce di pertinenza fluviale: dalla legge Galasso (1985) che considerava le sponde dei corsi d’acqua per una fascia di 150 metri bene paesistico, al Dlgs.152 del 1999 (art.41) che prevede che “le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale”. Concetto ripreso dall’art. 115 del Codice per l’Ambiente il Dlgs.152/2006 e inserito in diversi Piani Stralcio di bacino (ex L.183/89 e successive modifiche) soprattutto nelle conseguenti norme di regolamentazione delle fasce fluviali. 

L’esigenza di gestire in modo diverso e polifunzionale le aree di pertinenza fluviale o fasce fluviali o comunque quelle zone vocate alla libera espansione delle acque, soprattutto se ancora libere dall’urbanizzato, è richiesta anche dalle normative europee tra cui la Direttiva 2007/60/CE “Alluvioni”, che prevede la predisposizione di piani di gestione del rischio alluvionale, incentrati sulla prevenzione, ad esempio, con azioni per disincentivare le attività edilizie nelle zone soggette a inondazioni, ma anche le indicazioni di come proteggere le zone soggette alle inondazioni, ad esempio, ripristinando pianure alluvionali, ricostituendo le formazioni boscate ripariali o le zone umide. L’esigenza di ridurre la vulnerabilità del territorio per aumentarne o ripristinarne la resilienza rispetto ad eventi che si sono fatti sempre più frequenti ed estremi (alluvioni catastrofiche, siccità straordinarie…) è divenuta anche una delle principali priorità per le politiche di adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici a cui gli Stati sono attualmente impegnati.

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