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Serve una legge sul consumo del suolo in Italia

“Il consumo del suolo è una malattia che debilita l’Italia e che, dopo aver cancellato buona parte della fascia costiera e reso irriconoscibili le aree interne, si sta ora propagando alle aree più pregiate del Paese, come evidenziano…

“Il consumo del suolo è una malattia che debilita l’Italia e che, dopo aver cancellato buona parte della fascia costiera e reso irriconoscibili le aree interne, si sta ora propagando alle aree più pregiate del Paese, come evidenziano i dati ISPRA che assegnano la maglia nera del consumo del suolo nelle aree protette ai due parchi dei Monti Sibillini e del Gran Sasso-Monti della Laga, che più sono stati colpiti dal sisma del Centro Italia 2016-2017”. Lo dice la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi commentando i dati del ISPRA sul Consumo di suolo in Italia presentato oggi.
 

“Questa malattia che affligge il Belpaese non solo si può ma si deve curare riprendendo innanzitutto il percorso del disegno di legge sul “Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato” che, nella passata legislatura, dopo essere stato approvato nel 2016 dalla Camera, si è interrotto al Senato”, aggiunge la Bianchi, che conclude: “Partendo da quest’ultimo testo su cui la Commissione Ambiente di Palazzo Madama aveva proposto modifiche importanti e su cui si erano registrate significative convergenze politiche, con alcune modifiche per cancellare i meccanismi meno efficaci nel contenere le nuove edificazioni, sarebbe possibile dotare finalmente l’Italia di una normativa innovativa ed efficace”.
 
Il WWF in diversi dossier sul consumo del suolo, elaborati per l’associazione dal gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila, ha già documentato, oltre a quanto rilevato da ISPRA che l’Italia più bella e più fragile negli ultimi 50 anni è sotto attacco, denunciando come: l’urbanizzazione sia aumentata in media in questo periodo del 260% in un’area cuscinetto di 1 km dai Siti di Interesse Comunitario, tutelati dall’Europa; siano stati cementificati 10 chilometri di costa all’anno; nelle due zone a maggiore rischio sismico si sia avuto dagli anni ‘50 uno sviluppo urbanistico di 4 volte superiore a quello rilevato negli anni ‘50.

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