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WWF: No alla corsa all’oro nero

E’ incredibile che il Governo pensi di fondare la propria politica energetica ed economica sullo sfruttamento dei pozzi di petrolio nei nostri mari dall’Adriatico al Canale di Sicilia o aumentando le servitù in regioni come la Basilicat. Dopo…

E’ incredibile che il Governo pensi di fondare la propria politica energetica ed economica sullo sfruttamento dei pozzi di petrolio nei nostri mari dall’Adriatico al Canale di Sicilia o aumentando le servitù in regioni come la Basilicat.

Dopo la raffica di 13 pareri positivi di VIA a progetti di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nei mari italiani di questo inizio 2015: “Il WWF chiede l’immediato stop delle autorizzazioni in attesa di una Valutazione Ambientale Strategica sui piani governativi e di un Piano d’azione nazionale per la decarbonizzazione che punti all’efficienza, al risparmio di energia e alle fonti rinnovabili garantendo un futuro all’Italia”.

Il WWF trova del tutto giustificato il dilagare della protesta di amministratori pubblici e cittadini a tutela delle risorse ambientali costiere e marine e dei settori della pesca e del turismo, che ha avuto un momento importante nel 2014 con l’impugnazione di fronte alla Corte Costituzionale dell’articolo 38 del decreti legge Sblocca Italia da parte di 7 Regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Lombardia, Marche, Puglia, Veneto).
 
Ed è significativo per il WWF che il neo-Governatore della Puglia Michele Emiliano abbia confermato in questi giorni la decisione presa dalla giunta del suo predecessore Nicki Vendola di impugnare l’articolo 38 del decreto Sblocca Italia e che chieda al Governo nazionale di “andare verso un modello energetico diverso, non fondato sui combustibili fossili”. Mentre il Governatore della Basilicata Marcello Pittella, che pure (ricorda l’associazione) non s’è schierato a suo tempo contro lo Sblocca Italia, ha dichiarato ieri che farà ricorso al Tar contro il decreto del Ministero dell’Ambiente che  ha dato il via libera alle attività di ricerca di idrocarburi nel Mar  Jonio, da parte della società Enel Longanesi Developments Srl perché l’istanza di ricerca ”è in contrasto con gli obiettivi di tutela ambientale e di rilancio eco-turistico della costa jonica lucana”
 
Il WWF contesta dati alla mano la strategicità nazionale delle attività di prospezione, ricerca e coltivazioni di idrocarburi e le motivazioni emergenziali del decreto Sblocca Italia in assenza di alcuna valutazione organica sugli impatti ambientali, sociali ed economici a livello territoriale di ciascuna opera, come ha scritto in una Memoria integrativa presentata alla Corte Costituzionale, in appoggio all’azione delle Regioni contro il Governo in carica. Anzi l’Associazione ricorda le valutazioni dello stesso Ministero dello sviluppo economico (RA 2013 DGRME-UNMIG), il quale rileva come nei fondali marini del nostro Paese ci sarebbero circa dieci milioni di tonnellate di riserve di petrolio certe che coprirebbero al massimo il fabbisogno nazionale di idrocarburi per otto settimane.
 
Il WWF Italia è contrario al depotenziamento ulteriore della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale previsto dalle procedure accelerate dello Sblocca Italia, considerato che già ora prevalgono i pareri positivi a raffica  corredati da una serie infinita di prescrizioni, che cercano così di risolvere a posteriori (una volta data l’autorizzazione) le numerose lacune degli studi condotti dai proponenti.
 
Il WWF ricorda che l’uso, nella primissima fase di prospezione in mare degli idrocarburi, degli airgun può arrecare gravi danni alla biodiversità dei nostri mari. Elevati sono i pericoli per i pesci, ma soprattutto per i cetacei, con danni all’apparto uditivo e conseguenze fisiche anche letali, legati all’uso degli airgun che provocano esplosioni di onde acustiche di forte potenza, obbligando le specie marine a risalite repentine con il rischio di emboli mortali, come confermato anche da ISPRA (2012), l’istituto di ricerca del Ministero dell’Ambiente, dalle ricerche di Gianni Pavan, docente di bioacustica all’Università di Pavia. Se poi i permessi di prospezione e di  ricerca si trasformeranno in attività di estrazione sarebbe messo a rischio l’intero Mare Mediterraneo, con la sua eccezionale ricchezza di biodiversità, come ha dimostrato l’incidente alla Piattaforma Deepwater Horizon del giugno 2010 nel Golfo del Messico che ha provocato il più grave inquinamenti da petrolio mai avvenuto nei mari degli Stati Uniti.

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