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Bracconaggio ittico nel Delta del Po

Il Delta del Po è stato nei giorni scorsi lo scenario di un’intesa ed articolata attività di contrasto al bracconaggio ittico da parte dei Carabinieri Forestali

Il WWF si congratula con i Carabinieri forestali

Il Delta del Po è stato nei giorni scorsi lo scenario di un’intesa ed articolata attività di contrasto al bracconaggio ittico da parte dei Carabinieri Forestali, coordinati dal Reparto Operativo – SOARDA (Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in Danno degli Animali) del Raggruppamento Carabinieri CITES con il supporto dei Nuclei Carabinieri CITES di Bologna e Verona.
11 persone sono state denunciate con l’ipotesi di bracconaggio ittico con mezzi non consentiti. I soggetti denunciati, suddivisi in 4 squadre, sono stati colti in flagranza di reato in località Occhiobello e Taglio di Po in provincia di Rovigo e in località Anita in provincia di Ferrara. Sono stati sequestrati complessivi 700 kg di pesce di varie specie (lucioperca, carpe e pesci siluro), autoveicoli, un natante in vetroresina, gommoni ed elettrostorditori comprensivi di batteria.
Il pesce si ritiene sia stato pescato con l’utilizzo della corrente elettrica, in particolare con elettrostorditori rudimentali, metodo capace di procurare gravi sofferenze ed agonie prima del sopraggiungere della morte dei pesci.

Un fenomeno poco conosciuto che sta provocando gravi danni

La pesca illecita sistematica e non selettiva può determinare danni gravi all’ecosistema ittico, soprattutto perché in periodo riproduttivo. I luoghi più interessati dal fenomeno del bracconaggio ittico sono l’areale padano, in particolare il Delta del Po e le acque interne delle province di Venezia, Padova, Rovigo, Mantova, Ravenna e Ferrara. Un fenomeno poco conosciuto che sta creando una vera e propria emergenza per gli ecosistemi delle acque interne oggetto di un vero e proprio saccheggio da parte di soggetti senza scrupoli.
Il fenomeno del bracconaggio ittico “organizzato” si è sviluppato in maniera preoccupante a partire dal 2012 a seguito di politiche restrittive sulla pesca nel Delta del Danubio (Patrimonio Unesco al pari del Delta del Po) attuate in Romania. Tali restrizioni hanno generato l’esodo dei pescatori locali verso altri paesi europei ed in particolare verso l’Italia, la Spagna e la Francia.

Un giro d’affari di decine di migliaia di euro a settimana

Il giro di affari può essere calcolato in decine di migliaia di euro a settimana. Il pescato – privo di ogni controllo sanitario e quasi sempre con tracciabilità falsamente attestata – viene venduto soprattutto all’estero. Il pesce arriva anche sui banchi alimentari italiani, attraverso false dichiarazioni relative alla provenienza e, a volte, con cariche microbiche o presenza di diossina oltre i valori soglia. I Carabinieri forestali hanno operato con il fattivo contributo della FIPS (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee) che quotidianamente, con la loro attenta azione di osservazione e monitoraggio apportano un contributo qualificato all’attività di contrasto alla pesca illegale.

In Parlamento una proposta di legge

“Il WWF si congratula con l’Arma dei Carabinieri per l’importante operazione svolta che testimonia quanto il fenomeno del bracconaggio ittico sia diffuso e radicato nel Delta de Po, un’area dal valore naturalistico fondamentale che meriterebbe di diventare un Parco Nazionale ma che ancora oggi è epicentro di numerose forme di attività criminali contro la natura, si pensi, ad esempio al bracconaggio in danno degli uccelli acquatici. Bene che in Parlamento sia in discussione una proposta di legge mirata a contrastare questo particolare tipo di bracconaggio che però non può essere affrontato in modo settoriale ma attraverso l’adozione di una normativa più organica che possa colpire tutte le forme di illegalità perpetrate contro la biodiversità” ha dichiarato Domenico Aiello, Responsabile tutela giuridica della Natura del WWF Italia.

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