Pandanews

Un emendamento per la deregulation venatoria

Si vorrebbe consentire di esercitare la caccia anche nei parchi nazionali, nelle riserve naturali e persino nelle aree urbane

Una pagina vergognosa, frutto della lobby dei cacciatori

La lobby dei cacciatori, insieme a quella gemella dei produttori di armi, inizia a passare all’incasso con l’attuale maggioranza in Parlamento: alcuni esponenti di questa durante l’ultima campagna elettorale avevano promesso al popolo delle doppiette una vera e propria deregulation venatoria e ora si stanno impegnando per attuarla.

Un emendamento alla Legge di bilancio dell’On. Foti di Fratelli d’Italia, approvato in Commissione Bilancio della Camera, introdurrebbe modifiche alla legge sulla caccia del 1992, stravolgendo completamente le regole di gestione della fauna italiana. Se l’emendamento dovesse essere inserito nel maxiemendamento del governo è destinato a diventare legge, esercitando un’evidente forzatura normativa visto che il controllo faunistico non ha nulla a che vedere con il Bilancio dello Stato.

La scusa è il controllo delle specie “problematiche”

Semplicemente cambiandogli nome e nascondendosi dietro la scusa del controllo di specie “problematiche”, sarebbe consentito esercitare la caccia anche nei parchi nazionali, nelle riserve naturali e persino nelle aree urbane, tutto l’anno e superando qualsiasi divieto per i giorni di silenzio venatorio o per le fasi riproduttive delle specie. Verrebbe eliminato il principio secondo cui il controllo faunistico deve essere esercitato selettivamente e va praticato utilizzando di norma metodi ecologici. Ma non solo: l’ISPRA, l’istituto nazionale di ricerca di cui si serve il Ministero dell’Ambiente per indirizzare la gestione faunistica, verrebbe totalmente messo da parte a favore di organi di livello regionale, mentre i piani di abbattimento non sarebbero più eseguiti da guardie venatorie dipendenti delle amministrazioni provinciali, ma direttamente dai cacciatori.

Consentendo la caccia in città e in aree protette molto frequentate, al di là del pesante impatto su tutte le specie animali, comprese quelle altamente protette, si metterà in pericolo la vita di cittadini, escursionisti, bambini, magari impegnati in attività di educazione ambientale, e tante altre categorie che con la caccia non hanno nulla a che fare.

Viene da chiedersi come sia possibile nel 2022 ipotizzare l’attuazione di norme così contrastanti con la scienza e il dettato della nostra Costituzione che oggi, con la nuova formula dell’art. 9 riformato qualche mese fa, “tutela la biodiversità e gli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni”.

La mobilitazione degli ambientalisti

In Italia la fauna è ancora classificata come patrimonio indisponibile dello Stato e dovrebbe essere proprio lo Stato a gestire l’attività di controllo diretto sulla stessa quale attività di interesse pubblico, superiore ad una mera attività ludica come la caccia, le cui finalità spesso contrastano con gli obiettivi di corretta gestione.

In queste ore è in atto una forte mobilitazione delle associazioni ambientaliste e animaliste per cercare di fermare questa follia normativa e scientifica che, per accontentare le frange più retrograde dei cacciatori, finirebbe per esporre l’Italia anche al concreto rischio di procedure di infrazione a livello europeo che poi finiremmo per pagare tutti noi cittadini.

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