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Giovani pescatori, una sfida per il futuro della pesca nel Mediterraneo

I pescatori stanno invecchiando e non c’è nessuno pronto a raccoglierne l’eredità. Il progetto del WWF

A Porto Cesareo grazie al WWF due mondi si incontrano

A Porto Cesareo, lungo la costa ionica del Salento, il mare è ovunque: nelle barche che oscillano in porto, nei racconti degli anziani e nella cucina locale. Qui esiste una comunità di 90 pescatori, custodi di saperi antichi tramandati di generazione in generazione. Ma oggi, a guardarla da vicino, questa comunità, affronta un problema sempre più evidente: i pescatori, per ora, ci sono ancora, ma stanno invecchiando. E non c’è nessuno pronto a raccoglierne l’eredità.

Quella di Porto Cesareo non è un’eccezione: è la norma nel Mediterraneo. In tutta la regione, il settore della pesca artigianale sta affrontando una profonda crisi generazionale. Nonostante il suo valore sociale, economico e culturale, quest’ attività non rappresenta più una scelta di vita per i giovani. Le ragioni sono molte: un lavoro faticoso, guadagni instabili, una percezione dell’opinione pubblica poco valorizzante. Prevale l’idea che quello del pescatore sia un mestiere superato, piuttosto che una reale prospettiva per il futuro.

WWF: riportare la pesca sui banchi di scuola

Se non la conosci, non la scegli: riportare la pesca tra i giovani
Secondo un’analisi condotta da NISEA (Istituto di ricerca dei dati economici nazionali del settore della pesca), il 65% dei pescatori attivi nella piccola pesca italiana ha tra i 40 e i 64 anni. Solo il 20% ha meno di 39 anni. La forza lavoro invecchia rapidamente, mentre le nuove generazioni, attratte da settori più stabili e remunerativi, si allontanano da una professione antica, ma ancora oggi vitale per molte comunità costiere.
Proprio per questo, il WWF ha deciso di partire da un’azione semplice ma potente: riportare la pesca tra i banchi di scuola. Attraverso il progetto Transforming Small Scale Fisheries Pescare oggi per domani, a Porto Cesareo sono stati organizzati una serie di incontri con bambini e bambine dell’Istituto comprensivo locale, per raccontare loro le ricchezze del Mare Nostrum, le minacce a cui è sottoposto, anche a causa delle tante attività antropiche presenti e l’importanza delle Aree Marine Protette nella tutela della sua biodiversità. Incontri in cui si è parlato delle diverse tecniche di pesca, dando particolare risalto alla pesca artigianale praticata in maniera responsabile e sostenibile. L’iniziativa ha avuto un obiettivo chiaro: avvicinare le nuove generazioni a un settore che — paradossalmente — risulta ormai distante anche per chi vive a pochi passi dal mare.

Il futuro della pesca passa anche da qui: da un’educazione ambientale che racconti i mestieri, che parli di territori, di biodiversità e sostenibilità. Che restituisca dignità a professioni troppo spesso marginalizzate, e che aiuti i giovani a immaginare nuove forme di vita legate al mare — più innovative e più resilienti. Formazione, visione e incentivi: le chiavi per rilanciare la pesca tra i giovani.

Blue Panda

Nel settembre 2024, durante la Blue Panda Week, il WWF ha riunito oltre 30 stakeholder del settore della pesca di Veneto e Friuli-Venezia Giulia per discutere del problema del ricambio generazionale. Dal confronto è emerso chiaramente che i motivi alla base della disaffezione dei giovani verso la pesca sono molteplici. La professione è percepita come economicamente instabile, con salari poco competitivi rispetto ad altri mestieri. Le condizioni di lavoro, spesso dure e svolte su imbarcazioni obsolete, non aiutano a renderla attrattiva. A questo si aggiunge una scarsa conoscenza delle opportunità offerte dal settore lungo tutta la filiera ittica, dalla pesca alla trasformazione e commercializzazione del prodotto fino al pescaturismo. Infine, l’assenza di percorsi formativi adeguati limita l’accesso e la crescita professionale dei giovani.

Sono anche emerse alcune soluzioni pratiche. In primo luogo, la necessità di sviluppare percorsi di formazione professionale mirati, che insegnino non solo le tecniche di pesca, ma anche competenze imprenditoriali, commerciali e digitali. Questi percorsi devono essere pensati per rispondere alle esigenze dei diversi profili giovanili, con moduli dedicati anche ai NEET — quei ragazzi che non studiano né lavorano — offrendo loro un’alternativa concreta di inserimento.

Migliorare l’immagine della pesca

Un altro aspetto cruciale è quello di migliorare l’immagine della pesca stessa. E’ importante raccontare ai giovani che non si tratta di un mestiere di ripiego, ma di un’opportunità vera, capace di offrire anche nuove forme di reddito legate al pescaturismo o all’ittiturismo, valorizzando il legame tra pesca, cultura e territorio. Per raggiungere questo obiettivo è necessario collaborare con scuole, università e i territori. Inoltre. è essenziale creare esperienze dirette: permettere ai giovani di salire a bordo, di vivere la quotidianità del mestiere, di capire cosa significa davvero essere pescatore, di conoscere l’intera filiera ittica.
A livello istituzionale, servono azioni rapide e mirate. È essenziale rilanciare la piccola pesca utilizzando, ad esempio, le risorse del FEAMPA per incentivare i giovani che decidono di intraprendere questa carriera. Servono contributi per abbattere le barriere d’ingresso, agevolazioni per le imprese che assumono giovani, sgravi fiscali, e investimenti nell’ammodernamento della flotta in termini di digitalizzazione e sicurezza a bordo.
Non possiamo infine dimenticare il ruolo, spesso invisibile ma cruciale, delle donne nella pesca. In molte comunità, le donne sono fondamentali nella gestione a terra, nella lavorazione e vendita del pescato e nella trasmissione del sapere. Anche per loro servono percorsi di valorizzazione e formazione, perché il futuro della pesca sarà più forte se costruito anche al femminile.
Il ricambio generazionale nella pesca non è una sfida impossibile. È una sfida che richiede visione, collaborazione e volontà politica. Dobbiamo costruire un settore più giusto, moderno e sostenibile, capace di parlare ai giovani e di riconnettersi con le comunità. Solo così potremo garantire un futuro a una delle attività più antiche e identitarie del Mediterraneo. E questo futuro, se lo vogliamo davvero, dobbiamo costruirlo insieme.

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