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Scelte alimentari e riduzione degli sprechi per salvare il Pianeta

“Il mondo così come lo abbiamo conosciuto sino ad oggi è a forte rischio. La situazione complessiva in cui versano i sistemi naturali e i sistemi sociali è ormai oggettivamente insostenibile. Il capitale naturale non può continuare ad…

“Il mondo così come lo abbiamo conosciuto sino ad oggi è a forte rischio. La situazione complessiva in cui versano i sistemi naturali e i sistemi sociali è ormai oggettivamente insostenibile. Il capitale naturale non può continuare ad essere invisibile ai modelli economici, ma deve essere considerato fondamentale per l’umanità”. Con queste parole Gianfranco Bologna, Direttore Scientifico WWF Italia, è intervenuto questa mattina all’evento organizzato da Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition per presentare la seconda edizione di “Eating Planet. Cibo e sostenibilità: costruire il nostro futuro”, un libro che descrive come le nostre scelte alimentari giochino un ruolo fondamentale nella salvaguardia del pianeta. Un lavoro puntuale e documentato in merito, che stimola tutti a essere consapevoli dei problemi del mondo d’oggi e a praticarne le soluzioni, obiettivi sui quali il WWF Italia, che quest’anno compie 50 anni di vita, lavora da tempo con il suo programma One Planet Food.

Alla vigilia della Giornata Mondiale della Terra e della ratifica degli accordi della COP21, la Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition sottolinea l’impatto che hanno le nostre scelte alimentari quotidiane e l’importanza di adottare diete sostenibili per preservare il benessere dell’uomo e del pianeta. Nel 2050 la crescita demografica arriverà a oltrepassare i 9 miliardi di persone con una richiesta di cibo che crescerà del 56%. In questo scenario di possibile aumento della produzione alimentare – e di conseguente impatto ambientale – potrebbe sembrare difficile mantenere il riscaldamento globale entro i 2˚C, obiettivo prefissato lo scorso dicembre durante la Conferenza di Parigi (COP21). Se si pensa che per sfamare il crescente numero di persone nel mondo occorre produrre di più, non è questa la soluzione. L’adozione di una dieta sostenibile secondo il modello della doppia piramide alimentare e ambientale– che promuove la dieta Mediterranea con benefici per la salute dell’uomo e dell’ambiente – di pari passo con la lotta allo spreco di cibo per ridurlo del 50% entro il 2020, diventano i passi fondamentali da compiere per intraprendere uno stile di vita sano e sostenibile.
Paolo Barilla, Vice Presidente della Fondazione BCFN ha dichiarato che “l’impatto maggiore sull’ambiente è causato da quello che mangiamo, stiamo letteralmente divorando il nostro pianeta. Eppure durante COP21 si è parlato troppo poco di diete sostenibili. Il cibo deve tornare al centro delle agende di tutti i protagonisti: dalla comunità scientifica alle aziende, dalle istituzioni ai cittadini, ciascuno nel suo ambito può e deve avere un ruolo determinante”. Adottare una dieta sostenibile, infatti, permette di mantenere un basso impatto ambientale concorrendo alla protezione e al rispetto della biodiversità e degli ecosistemi e, allo stesso tempo, di conservare un alto livello di sicurezza alimentare e nutrizionale oltre ad essere economicamente accessibile.
Ma è l’agricoltura a sfruttare maggiormente la superficie globale delle terre emerse: quasi il 40% della superficie terrestre, infatti, è sottoposto alle attività agricole e zootecniche, provocando il 70% dell’utilizzo di acqua dolce a livello mondiale per l’irrigazione dei campi coltivati e causando la più grande perdita di biodiversità. Si fa sempre più forte, dunque, la necessità di ridurre le emissioni di gas serra dovute all’utilizzo dei combustibili fossili, deforestazione tropicale e intensificazione dell’agricoltura. La deforestazione tropicale legata all’espansione di nuove terre agricole, infatti, produce emissioni pari a 3,6 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, mentre l’attività agricola ha un impatto senza precedenti sulle emissioni di gas serra, con circa 6,2 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti, confermandosi quindi come il primo settore per emissioni di gas serra, prima di energia e trasporti.

L’economia ha purtroppo ragionato sulla natura del valore ma non sul valore della natura. Non abbiamo messo al centro dei processi economici il capitale naturale, costituito dalla straordinaria ricchezza della natura e della vita sul nostro pianeta, grazie al quale la specie umana vive e che consente di perseguire un benessere e uno sviluppo equo e sostenibile per l’umanità. Non avendo sin qui fornito valore ai sistemi idrici, alla rigenerazione del suolo, alla composizione chimica dell’atmosfera, alla ricchezza della biodiversità, alla fotosintesi, le nostre società presentano ormai livelli di deficit nei confronti dei sistemi naturali molto superiori ai deficit che l’attuale crisi economico-finanziaria registra nei conti economici di tutti i Paesi del mondo.

I deficit economici riguardano un sistema di regole e di norme (o anche di mancate regole e norme) costruite dalla cultura umana e, come tali, possono essere modificate dalle nostre società; i deficit ecologici riguardano invece una dilapidazione materiale che sorpassa le capacità rigenerative e ricettive dei sistemi naturali, alla quali è praticamente impossibile porre rimedio. È necessario cambiare rotta per avviare il nostro mondo sulla strada della sostenibilità, una sfida immensa, che potrà essere vinta solo se saremo tutti attori del cambiamento e dell’innovazione: governi, istituzioni, imprese e società civile.

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