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Emergenza capodogli nel Mediterraneo

Sale a sei il numero dei cetacei trovati spiaggiati quest’anno lungo le coste italiane. Questa volta il ritrovamento di un capodoglio è avvenuto a Marina di Alberese, nelle acque toscane del Santuario dei cetacei, area che dovrebbe essere…

Sale a sei il numero dei cetacei trovati spiaggiati quest’anno lungo le coste italiane. Questa volta il ritrovamento di un capodoglio è avvenuto a Marina di Alberese, nelle acque toscane del Santuario dei cetacei, area che dovrebbe essere una casa sicura per balene, capodogli e delfini ma è protetto solo sulla carta. Attualmente, si stimano non più di 2500 individui maturi di capodoglio in tutto il Mediterraneo tutti inclusi in una sola popolazione. Per queste ragioni la specie viene valutata in pericolo dalla IUCN. 
 
Secondo un report presentato dai ricercatori del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università degli Studi di Padova nei nostri litorali si spiaggiano in media 150-160 cetacei l’anno.
Un grave problema che compromette sempre di più la salute e la sopravvivenza di questi mammiferi marini è sicuramente la plastica. Negli ultimi dieci anni nel 33% dei capodogli spiaggiati sono state ritrovate quantità di plastica nello stomaco e nel 4% dei casi le carcasse erano avvolte dai resti di reti abbandonate. Secondo uno studio realizzato dall’università di Siena nel Mediterraneo si raggiungono concentrazioni di microplastiche (i frammenti più piccoli di 5 millimetri) paragonabili a quelle rilevate sotto le grandi isole di plastica oceaniche ma sono cariche anche di macro plastiche che finiscono nella catena alimentare. Sono, infatti, ben 134 le specie che nel Mediterraneo risultano vittime di ingestione da plastica. Fra queste ci sono i cetacei capodogli, particolarmente vulnerabili all’inganno della plastica a causa della loro dieta a base di calamari. L’Unione Europea è il 2° maggiore produttore di plastica al mondo e gran parte di questa finisce in mare per un totale di 150-500.000 tonnellate l’anno. Non a caso, proprio nelle acque del santuario sono state trovate nel corpo delle balenottere comuni, concentrazioni di ftalati (il più diffuso additivo della plastica) 4 volte più alte di quelle che frequentano l’Oceano Atlantico.
Ma non è solo la plastica a uccidere i giganti del mare: ci sono anche le collisioni con le imbarcazioni come navi da pesca, navi passeggeri, navi merci, ma anche imbarcazioni utilizzate per gare sportive e per il whale watching. I cetacei, infatti, vengono investiti e uccisi in gran numero lungo le rotte di navigazione sempre più sfruttate per il commercio e per il trasporto di passeggeri all’interno dell’area marina. Uno studio pubblicato nel 2017 da WWF Mediterranean Marine Initiative, riporta che ogni anno nel Mediterraneo muoiono fino a 40 balenottere comuni a causa delle collisioni.

Dobbiamo proteggere concretamente i cetacei nel Mediterraneo. Un ruolo importante dovrebbe svolgerlo proprio il santuario pelagos che, se effettivamente avviato, potrebbe diventare una vera casa sicura per i giganti del mare, dove realizzare misure di conservazione e protezione efficaci, fra cui una più attenta gestione del traffico marino e la riduzione della dispersione di plastica nel mare.
Il WWF chiede anche, con un petizione online, che venga al più presto definito un accordo globale che liberi entro il 2030 la natura dalla plastica usa e getta.
 

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