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La Norvegia autorizza l'estrazione mineraria nei fondali

Il parlamento norvegese è il primo ad aver approvato ufficialmente l'estrazione in profondità nelle acque dell’Artico nonostante i gravi rischi di danneggiare l'ambiente marino

Brutte notizie dalla Norvegia. Il parlamento del Paese, infatti, è il primo ad aver approvato ufficialmente l’estrazione in profondità nelle acque dell’Artico, nonostante i numerosi avvertimenti da parte di scienziati e ambientalisti sui gravi rischi di danneggiare l’ambiente marino. L’area interessata è estesa quasi quanto la superficie dell’Italia (281.000 km2)

La maggior parte di questa regione ricade sulla piattaforma continentale estesa della Norvegia, che tecnicamente si trova in acque internazionali, ma su cui la Norvegia ha giurisdizione. Un’altra porzione ricade nelle acque territoriali dell’arcipelago delle Svalbard, che la Norvegia rivendica come propria zona economica esclusiva, sebbene sia contestata da nazioni come la Russia, l’Islanda, il Regno Unito e altri paesi dell’UE.

Per gli esperti il prossimo passo potrebbe essere l’invito da parte del Norwegian Offshore Directorate, l’agenzia governativa responsabile della regolamentazione delle risorse petrolifere, a presentare offerte per le licenze di esplorazione.  

L’obiettivo della Norvegia è quello di estrarre minerali come magnesio, cobalto, rame, nichel e i metalli, che si trovano nelle croste di manganese sulle montagne sottomarine e nei depositi di solfuri sulle bocche idrotermali attive, inattive o estinte. Il governo del Paese sostiene che l’estrazione dai fondali marini è necessaria a garantire che la Norvegia sia in grado di avere successo nella “transizione verde”.

La Norvegia, poi, non è l’unico Paese con l’ambizione di scavare nelle profondità marine. Altre nazioni, tra cui le Isole Cook, la Cina e il Giappone, stanno lavorando a piani simili all’interno delle proprie giurisdizioni.

L’estrazione di minerali dai fondali marini rischia di essere aperta anche in alto mare, nelle aree al di fuori della giurisdizione nazionale L’Autorità internazionale per i fondali marini (ISA), un ente di regolamentazione dell’attività estrattiva su mandato delle Nazioni Unite, sta supervisionando i negoziati per l’approvazione di una serie di regole che disciplinino questa attività, in modo che possa iniziare nel prossimo futuro.

Le conseguenze delle estrazioni potrebbero essere catastrofiche per vita umana e marina

Per il WWF, l’estrazione mineraria nei fondali profondi non può continuare senza la necessaria – e ad oggi insufficiente – conoscenza scientifica per regolarla. Le conseguenze sarebbero catastrofiche per la vita umana e marina.

L’estrazione mineraria avrebbe infatti un impatto distruttivo sugli ecosistemi, sulla biodiversità e anche sulla sicurezza alimentare di miliardi di persone. Il rapporto WWF “In Too Deep: What We Know, And Don’t Know” illustra i principali rischi ambientali e sociali dell’estrazione mineraria nelle acque profonde: oltre alla perdita degli habitat e all’inquinamento dei fondali marini dato dai metalli tossici, l’impatto negativo ricadrebbe anche sulla pesca globale, minacciando la principale fonte proteica di circa un miliardo di persone nonché il sostentamento di circa 200 milioni di persone, molte delle quali site in comunità costiere.

Un altro rapporto commissionato dal WWF dal titolo  “The Future is circular”, mostra come la transizione a un’economia a zero emissioni di carbonio può essere effettuata senza aprire le profondità marine all’estrazione mineraria, con la riduzione della domanda di sette minerali critici fino al 58%  attraverso l’uso della tecnologia, del riciclo e dell’economia circolare. Un recente rapporto dello European Academies Science Advisory Council afferma inoltre chiaramente che la narrativa secondo cui i minerali di acque profonde sono necessari per la transizione verde è fuorviante e l’ha persino classificata come greenwashing.

Le richieste del WWF

Il WWF richiede una moratoria globale sulle attività estrattive in alto mare, fino al raggiungimento di una piena comprensione dei rischi di carattere ecologico, sociale ed economico: ciò significa fino all’esaurimento di tutte le alternative all’estrazione di ulteriori minerali nell’economia delle risorse, e finché non si dimostri chiaramente che l’attività estrattiva nelle acque profonde garantisce la protezione dell’ambiente marino e previene la perdita di biodiversità.

L’estrazione mineraria nei fondali profondi contravviene agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, alla Convenzione sulle Specie Migratorie, al recente Quadro Globale per la Biodiversità, e potrebbe addirittura mettere in pericolo il Trattato sull’Alto Mare. Il WWF si augura che l’Italia sia coerente con gli impegni sottoscritti e sia attiva nell’ambito dell’ISA per contrastare l’apertura di questa attività.  

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