L’impatto della crisi climatica sulla biodiversità
Con l’aumento della temperatura media globale molte specie vegetali e animali, già minacciate da distruzione e frammentazione degli habitat, da prelievo e persecuzione diretta e dall’inquinamento, vedono peggiorare le loro prospettive di sopravvivenza a medio e lungo termine. La rapidità del riscaldamento globale in atto non permette alle specie di riadattarsi in habitat diversi da quello a cui si sono adattati nel corso di migliaia di anni, con conseguenze drammatiche.
Una recente ricerca pubblicata su Nature ha approfondito la relazione tra dati climatici dell’ultimo secolo con i dati relativi agli areali di 30.652 specie di uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, pesci e altre specie, prevedendo come potrebbero reagire diverse specie animali e vegetali da oggi fino al 2100. Nello scenario peggiore, in cui la temperatura media globale aumenterà di 4°C entro il 2100 più del 20% delle specie supererà la sua soglia di “tollerabilità climatica”, e potrà andare incontro a rarefazione o, nel peggiore dei casi, all’estinzione.
La campagna “A Natale mettici il cuore”
Per permettere ad ognuno di noi di sostenere le azioni di conservazione a tutela delle specie che rischiano l’estinzione, il WWF ha lanciato la sua Campagna “A Natale mettici il cuore”: adottando o regalando l’adozione simbolica di un animale in pericolo, si potranno infatti sostenere tutti i progetti WWF a tutela della biodiversità che rischiamo di perdere per sempre.
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Il caso del leopardo delle nevi, che sta perdendo la sua casa
Un caso emblematico riguarda le specie che vivono ad alta quota, per le quali- a causa degli effetti del riscaldamento globale- non esistono vie di fuga. La riduzione dei ghiacciai e dei periodi di innevamento sta minacciando animali iconici come il leopardo delle nevi (Panthera uncia).
Questo raro felino domina le vette delle catene montuose dell’Asia centrale, vivendo in condizioni estreme tra i 1.500 e i 6.000 metri di altitudine. Oggi vive nei paesaggi montani e aspri in alta quota con una popolazione che conta meno di 7.000 individui. Distribuito in 12 Paesi dell’Asia Centrale (Afghanistan, Bhutan, Cina, India, Kazakhistan, Kirghizistan, Mongolia, Nepal, Pakistan, Russia, Tajikistan e Uzbekistan), in alcune parti della Mongolia e in altre aree questa specie sta però scomparendo, nonostante gli sforzi di conservazione. Oggi questo felino è classificato come “Vulnerabile” nelle liste rosse dalle IUCN, in quanto gravemente minacciato negli ultimi decenni dal degrado e dalla perdita del suo habitat, dal bracconaggio e dal conflitto con le comunità locali, che negli ultimi 20 anni hanno portato ad un declino del 20% della popolazione. Ma le minacce rischiano di aggravarsi.
In 50 anno l’areale del felino potrebbe ridursi di 1/3
Un recente studio della Berkeley University ha stimato che entro il 2070 solo un terzo dell’areale del felino potrebbe resistere agli effetti del riscaldamento globale. È probabile che le porzioni orientali e settentrionali dell’areale del leopardo delle nevi saranno le più colpite, compreso l’area più critica in Cina, che ospita la più grande popolazione di questa specie. Le temperature sempre più calde provocano infatti l’innalzamento del limite superiore delle foreste, mettendo a rischio gli habitat aperti di alta montagna, regno di caccia del leopardo delle nevi. Questo fenomeno rischia anche di inasprire il conflitto con gli allevatori, che sono costretti a portare il bestiame a quote sempre più alte e ad “invadere” così i territori di caccia del felino; infatti il leopardo delle nevi si è specializzato nella caccia su terreni rocciosi e dalle elevate pendenze, sopra il limite superiore delle foreste, e questo fenomeno potrebbe ridurre drasticamente la quantità di territorio adatto per questo predatore.
L’aumento dell’aridità e la diminuzione della disponibilità di acqua a quote più basse potrebbero anche spingere le comunità umane a spostare i villaggi verso territori più alti, costringendo i leopardi delle nevi a rifugiarsi in areali sempre più ristretti e frammentati. Sebbene sia stata segnalata un’ampia gamma di malattie nei leopardi delle nevi in cattività, si sa poco di quelle che colpiscono la specie in natura. Tuttavia, la potenziale minaccia delle malattie per i leopardi delle nevi selvatici non deve essere sottovalutata. Come felino, è probabile che il leopardo delle nevi sia suscettibile alla maggior parte degli agenti infettivi che colpiscono il gatto domestico, e il sempre maggiore contatto tra habitat del leopardo e villaggi umani potrebbe aumentare anche il rischio sanitario per questa specie.
La riduzione dell’area coperta dal permafrost a causa del cambiamento climatico provocherà cambiamenti significativi nell’habitat e nella disponibilità di cibo per il leopardo delle nevi. Lo strato superiore di permafrost, lo strato che si scongela durante l’estate e si congela durante l’autunno noto come “strato attivo”, supporta la crescita delle piante durante i mesi più caldi. L’innalzamento delle temperature accelera lo scongelamento, che va anche oltre lo strato attivo. Quando gli strati superficiali si sciolgono, la falda freatica si abbassa, con conseguente conversione dei prati alpini in praterie steppiche meno produttive. La conversione a questi ecosistemi meno produttivi si traduce nella riduzione nella disponibilità e nella qualità delle risorse per le specie preda del leopardo delle nevi. Una riduzione delle prede disponibili per il leopardo delle nevi comporta ulteriori pressioni per questa specie, che già vive in un habitat estremo, che sta subendo grandi impatti da tutti i fattori sopra elencati.
Servono azioni a livello globale
Alcune ricerche ipotizzano per questi motivi un calo della popolazione del raro predatore dell’82% in Nepal e dell’85% in Bhutan nei prossimi decenni. La sopravvivenza di questa specie necessita dunque di azioni a livello globale, per conservare i delicati habitat montani che consentono la vita e forniscono acqua anche a centinaia di milioni di persone in tutta l’Asia. Si stima che ogni anno diverse centinaia di leopardi delle nevi vengano uccisi, e che di questi più del 50% venga ucciso a causa del conflitto generato dalle predazioni sul bestiame domestico. Se aggiungiamo a queste perdite quelle causate dalla lenta ma inesorabile perdita di habitat dovuta al riscaldamento globale, potremmo rischiare di perdere il predatore all’apice della catena alimentare himalayana in pochi decenni.
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