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Più ranger per tutelare la biodiversità

Sono appena 286.000 i ranger nel mondo impegnati nella tutela di 20 milioni di km quadrati di aree protette. Per una protezione e gestione efficace del 30% della superficie terrestre del pianeta, entro il 2030 sarà necessario 1 milione e mezzo di ranger in più

Sono appena 286mila i ranger nel mondo

Analizzando i dati di 176 Paesi, uno studio pubblicato il 20 ottobre scorso su “Nature Sustainabilitystima attualmente in 555.000 i lavoratori impiegati nell’ambito della sicurezza delle aree protette nel mondo, responsabili quasi del 17% della superficie terrestre mondiale (pari a oltre 20 milioni di chilometri quadrati). Di questi, appena 286.000 sono ranger, impegnati su diversi fronti: gestione delle aree protette, lavoro a contatto con i visitatori e le comunità locali, sorveglianza in prima persona di fauna selvatica ed ecosistemi. Si tratta della prima stima del numero complessivo del personale coinvolto nelle aree protette dal 1999 e la prima in assoluto a includere specificamente i ranger. Per una protezione e gestione efficace del 30% della superficie terrestre del pianeta, entro il 2030 sarà necessaria una forza lavoro di almeno 2,9 milioni di persone, inclusi 1,53 milioni di ranger in più.

Ranger
Doreen Adongo, Ranger al Nairobi National Park mentre sta monitorando alcuni rinoceronti

I dati dello studio pubblicato su “Nature Sustainability

Secondo lo studio, dedicato alla sorveglianza delle aree protette, il numero dei ranger e in generale del personale addetto alla sicurezza è largamente insufficiente per il raggiungimento dell’obiettivo di conservazione del 30% delle aree del pianeta entro il 2030: l’obiettivo fissato dall’iniziativa “30 per 30”.

L’articolo richiama l’attenzione del mondo della politica, dei donatori privati, grandi e piccoli, e delle ONG affinché si investano le risorse necessarie per incrementare di almeno cinque volte il numero del personale di sorveglianza e dei ranger, un incremento necessario per raggiungere gli obiettivi di conservazione prefissati, ai quali sono necessariamente correlati benefici non soltanto economici.

Lo studio, diretto da una collaborazione tra Re:wild, la Commissione mondiale IUCN per le Aree Protette, il Leibniz Institute of Zoo and Wildlife, il WWF, la Game Rangers Association of Africa, l’International Ranger Federation e la Ranger Federation of Asia, sottolinea non solo la necessità di incrementare la forza lavoro nelle aree protette, ma anche di riconoscere la gestione di queste aree come un servizio professionale “vitale”, simile al personale medico e ai soccorritori. Altri studi hanno inoltre dimostrato che il personale delle aree protette in molti paesi è sottopagato, non supportato, non addestrato e sottoposto a condizioni di lavoro inadeguate.

Condizioni di lavoro talmente critiche, che secondo la Federazione Internazionale dei Ranger, negli ultimi 10 anni hanno perso la vita durante la loro attività 1.175 ranger, ma il dato reale potrebbe essere di molto superiore. Il 45% di queste morti è da ricondurre a scontri con bracconieri.

Per affrontare la situazione, una coalizione chiamata Universal Ranger Support Alliance (URSA) sta lavorando ad un piano d’azione che punta a garantire ai ranger migliori condizioni di lavoro ed equipaggiamento e maggiori opportunità di formazione e apprendimento.

La situazione in Italia

Per quanto riguarda l’Italia, lo studio evidenzia che su un totale di 64.767 chilometri quadrati di aree protette, solo il 49% è sorvegliato da personale specifico e da guardiaparco. Tra i Paesi europei con dati disponibili, solo Spagna e Polonia hanno una percentuale inferiore (rispettivamente 30.1% e 11.3%), Francia, Inghilterra, Grecia, Portogallo, Norvegia e Slovenia si attestano intorno a valori del 100%, mentre il 60% della superficie delle aree protette tedesche risulta essere sorvegliata.

Dallo studio però emerge come l’Italia possa contare su un discreto numero complessivo di rangers, circa 4.450: ovvero ogni ranger controlla un’area pari a 14,6 chilometri quadrati. Questo dato va preso con cautela, in quanto deriva da un’analisi effettuata su circa il 50% delle aree protette italiane e potrebbe essere sovrastimato, considerando le diverse tipologie di aree protette, la frammentazione amministrativa e i diversi soggetti coinvolti a vario titolo nella sorveglianza (solo 2 parchi nazionali hanno guardiaparco propri, quelli storici d’Abruzzo, Lazio e Molise e Gran Paradiso).

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In ogni caso, nessun Paese europeo preso in esame sembra ottenere risultati “migliori”: Il Portogallo può infatti contare su 330 rangers, ovvero ogni ranger controlla un’area pari a 64 chilometri quadrati; la Francia può contare su 1.673 ranger, ovvero ad ogni ranger corrisponde un’area di controllo di 89.5 chilometri quadrati; la Spagna ne conta 1.991, pari a un ranger ogni 71.6 km.2; l’Inghilterra su 3.760 ranger, uno per ogni 18.7 km.2, fino alla Norvegia, in cui i rangers in forza sono solo 98 e controllano un’area pari a 583 km.2 ciascuno.

Il confronto con i numeri negli altri settori professionali

Se mettiamo a confronto il numero dei ranger con gli addetti di altri settori professionali, risulta ancora più evidente come la forza lavoro dedicata alle aree protette sia assolutamente inadeguata. Nei soli Stati Uniti circa 380.000 persone lavorano nei country club e nei circoli da golf, contro i 286.000 ranger che si occupano delle aree protette a livello globale. Per rimanere nel nostro Paese, se si paragona il numero dei ranger in Italia al numero di addetti nel settore della ristorazione, settore particolarmente consistente nel nostro Paese, i risultati sono ancora più sconcertanti: 1,2 milioni di addetti alla ristorazione contro i 4.450 ranger del nostro territorio.

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