Pandanews

Per la politica è tempo di scelte sostenibili

L'appello del WWF ai partiti: è il momento di rivalutare l’ambiente come elemento indispensabile per il benessere e la sicurezza di tutti

I prossimi 5 anni saranno cruciali per contrastare la crisi ambientale

Negli ultimi 5 anni il Governo è stato presente solo a parole nei confronti della tutela ambientale, infatti non è possibile registrare alcuna inversione significativa dei trend negativi in campo ambientale in Italia.

L’aumento del consumo di suolo, la mancata creazione di nuove aree protette nazionali, l’incremento della produzione di rifiuti, i ritardi nella sostituzione delle fonti fossili con quelle sostenibili, sono solo alcuni dei segnali che dimostrano che lo Stato è stato debole se non assente sia nelle politiche d’indirizzo sia nelle azioni di monitoraggio e controllo. Senza parlare della mancanza di una visione strategica di ampio respiro in grado di porre solide basi per una transizione ecologica ormai non più rinviabile.

La legislatura 2018/22 non ha inciso concretamente sulle emergenze ambientali nazionali e globali: in pratica sono stati persi 5 anni. Sicuramente vi sono stati importanti elementi di novità, a partire dalla riforma che ha introdotto esplicitamente la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi nella Costituzione, ma se guardiamo gli indicatori ambientali, nei cinque anni trascorsi la situazione non è certo migliorata. Ora è importante che i partiti e le coalizioni di questa competizione elettorale si rendano conto che non possiamo permetterci di sprecare anche la prossima legislatura. Per raggiungere gli obiettivi posti al 2030 al fine di contrastare il cambiamento climatico (ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55%) e la perdita di biodiversità (proteggere il 30% di superficie a terra e a mare) è necessario agire concretamente in questa legislatura attraverso una serie di leggi, piani e programmi non più rinviabili. Non ha senso ipotizzare una ‘transizione ecologica più lenta’ perché non consentirebbe di raggiungere gli obiettivi fissati e sarebbe perciò inutile

Luciano Di Tizio, presidente WWF Italia

La natura, anche quella che è letteralmente a fianco a casa nostra, sta scomparendo e ne stiamo facendo esperienza diretta tutti, quotidianamente. Negli ultimi 50 anni l’impatto delle attività umane è equiparabile ad un cataclisma. Ma le istituzioni continuano a far finta di ignorare che la maggior parte delle problematiche economiche e sociali che oggi viviamo dipendono da noi stessi e dal nostro cattivo rapporto con l’ambiente e che, come più volte confermato dalla comunità scientifica, ci rimangono soltanto i prossimi 10 anni per invertire la tendenza e salvare il futuro del Pianeta e il nostro!

È tempo di fare quanto i precedenti Parlamenti e Governi non hanno fatto: assumere il parametro ambientale come baricentrico rispetto all’azione politico-amministrativa. Non possiamo più permetterci l’errore di separare la questione ambientale da quella economica, considerando la prima solo in funzione di un eventuale vantaggio economico. Non è pensabile sprecare anche i cinque anni della prossima legislatura, perché rappresentano un “tempo essenziale” per il perseguimento degli obiettivi ambientali fissati al 2030 e saranno dunque cruciali per la vita di tutti noi. Le soluzioni le abbiamo già, aspettare è colpevole.

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    “Elezioni politiche 2022: il tempo delle scelte sostenibili”

È tempo di contribuire a fare dell’Italia un Paese più sostenibile e fare il possibile per offrire un futuro di sicurezza e benessere a tutti i cittadini.

Quattro interventi legislativi che Parlamento e Governo dovranno attuare subito

Se le parole hanno un senso, specie se scritte in una Costituzione e ancor più tra i principi generali di questa, allora la nuova legislatura dovrà porsi il problema di come dare attuazione alla modifica degli artt. 9 e 41 della nostra Carta Costituzionale dove in modo esplicito viene affermato che la Repubblica tutela l’ambiente e che la libera iniziativa economica non può danneggiarlo.

In questa fase così critica è indispensabile che le istituzioni si prendano in carico processi di transizione e trasformazione che prevedono necessariamente una durata più lunga delle singole legislature, e che siano in grado quindi di guardare oltre i loro stretti interessi e tornaconti, per il bene della società e della nostra economia.

Il Codice della Natura: una proposta per tutelare la natura d’Italia e garantire il capitale naturale delle prossime generazioni

L’Italia è tra i Paesi europei più ricchi di biodiversità: meravigliosi habitat differenziati che vanno dalle dune costiere alle vette più alte d’Europa, 60.000 specie per la fauna, 12.000 per la flora, un elevatissimo tasso di endemismi. Questa biodiversità garantisce a tutti noi degli essenziali servizi ecosistemici: aria pulita, acqua pulita, suolo pulito, indispensabili per la nostra vita. Al tempo stesso questo grande patrimonio naturale offre anche elementi per contrastare i cambiamenti climatici e per consentire di sopportarne meglio gli effetti. Nonostante ciò, attualmente in Italia la legislazione per la tutela della natura è frammentata e carente: basti pensare che la tutela della fauna è garantita da una legge che è sostanzialmente destinata alla regolamentazione della gestione venatoria. È tempo che il nostro Paese si doti di un Codice della Natura che riunisca, sistematizzi, semplifichi e innovi la legislazione sulla tutela della biodiversità per rispondere meglio agli obiettivi della Strategia Nazionale della Biodiversità e a quelli fissati a livello europeo. Nel Codice della Natura dovrà anche trovare posto il Garante della Natura che, sul modello delle altre Authority già previste dal nostro ordinamento, si occupi di un bene tanto importante: una figura che abbia una visione d’insieme che consenta di monitorare e sollecitare le azioni da mettere in campo da parte dei vari soggetti coinvolti nella gestione del nostro capitale naturale.

Legge sul consumo del suolo

In Italia ogni secondo vengono cementificati 2 metri quadrati di suolo. 21.500 km quadrati di suolo italiano è ormai cementificato e solo gli edifici occupano 5.400 km quadrati, una superficie pari alla Liguria. La cementificazione contribuisce a rendere il nostro Paese meno sicuro perché l’impermeabilizzazione del suolo aumenta il rischio di disastri: dal 2000 al 2019 il dissesto idrogeologico ha causato 438 morti in Italia.

Governo e Parlamento discutono di una legge sul consumo del suolo dal 2012 e nel frattempo la Commissione Europea nel 2021 ha approvato la nuova Strategia europea per il suolo al 2030 impegnandosi a promuovere una Direttiva sul tema entro il 2023 e rendendo ancora più urgente l’intervento del legislatore nazionale.

La legge sul consumo del suolo dovrà muoversi in una logica di “bilancio zero del consumo del suolo” stimolando il recupero delle aree già occupate e degradate: nelle sole aree urbane si potrebbe intervenire su oltre 310 Km quadrati di edifici non utilizzati (una superficie pari all’estensione di Milano e Napoli).

Legge sul clima

L’estate del 2022 è stata la più calda della storia in Europa. Il mese di luglio ha fatto registrare 2,26 gradi centigradi in più rispetto alla media italiana dal 1800, anno da cui si registrano i dati. Eventi estremi legati ai cambiamenti climatici si registrano ormai in maniera sempre più frequente.

Gli obiettivi da raggiungere sono fissati, ma manca uno strumento legislativo quadro per superare la fase degli impegni verbali e passare a quella delle azioni concrete. E va colmata l’attuale distanza tra le conoscenze scientifiche e l’azione politica.

Come fatto da 21 Paesi europei (più recentemente da Spagna e Grecia), l’Italia deve approvare al più presto una legge sul clima che fissi le azioni da compiere per raggiungere gli obiettivi a medio e lungo termine. Prevedendo la neutralità climatica entro il 2050 nella legislazione si faciliterebbe la programmazione economica, si attirerebbero investimenti green, si aumenterebbero responsabilizzazione delle imprese e partecipazione dei cittadini.

E attraverso una Legge sul clima si potrebbe finalmente intervenire per eliminare il sistema dei sussidi ambientalmente dannosi che ogni anno ci costa circa 35 miliardi di euro da destinare a politiche di settore e ad aiuti concreti per cittadini e imprese per rendere meno impattante la transizione ecologica.

Dare concreta attuazione alla riforma costituzionale dell’art. 41

Finalmente nella nostra Costituzione la tutela dell’ambiente, nella corretta accezione di biodiversità ed ecosistemi, è stata introdotta tra i principi fondamentali (art. 9 Cost).

La nuova formulazione dell’art. 41 Cost ha poi riconosciuto in maniera esplicita che la libera attività economica incontra un limite nella tutela dell’ambiente. Il principio che l’iniziativa economica privata non può esercitarsi in danno all’ambiente e alla salute, però, non può rimanere una pur importante affermazione di principio, ma deve condizionare tutta la normativa vigente. Non è sufficiente una singola norma che recepisca la nuova disposizione costituzionale: servono norme di carattere procedurale che intervengano in modo preventivo sui procedimenti autorizzativi e, in caso di danno ambientale, consentano interventi efficaci per rimediare, dando così piena attuazione al principio che vieta di arrecare danni significativi all’ambiente.

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